Sui carburanti il governo sceglie la strada di un intervento temporaneo, non strutturale. La misura di riduzione delle accise durerà per trenta giorni dalla pubblicazione del decreto. Si tratta di una diminuzione di 25 centesimi, un quarto di euro a litro. Non è poco su un pieno di una vettura di media cilindrata. Per esempio, i proprietari di una 500L risparmieranno circa 12 euro e mezzo a pieno.
È una misura interessante per i cittadini, molto più «sostanziosa» delle aspettative che davano il taglio al massimo a 15 centesimi al litro. È tuttavia una misura tampone. Cosa si vorrà e si potrà fare dopo?
Purtroppo è difficile immaginare un’uscita dall’attuale crisi nel giro di un mese, non solo per la grande incertezza della situazione geopolitica ma anche per le note rigidità in discesa dei prezzi dei carburanti. Bisogna però già cominciare a pensare cosa si potrà fare tra un mese, quando il maggiore gettito degli ultimi mesi, derivanti dall’entrate aggiuntive dell’iva, valutate in 308 milioni di euro, ossia quanto già versato allo Stato dai cittadini a causa dell’aumentare dei prezzi, si sarà esaurito.
Alcuni segnali fanno pensare che sia in corso un cambiamento positivo nei comportamenti dei cittadini. Da un recente sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera, che chiedeva quali azioni potrebbero essere adottate per far fronte all’aumento dei costi dell’energia, risulta che 3 italiani su 4 hanno già modificato i loro comportamenti, o intendono farlo a breve. In particolare, oltre il 30% degli intervistati si dice disposto a limitare i propri spostamenti.
Chi può permettersi tale intenzione? Certamente coloro che hanno alternative a disposizione, ossia i residenti nelle città e, all’interno di queste, coloro che vivono in zone con buoni servizi pubblici. In generale, sono i cittadini più benestanti, quelli che magari possono scegliere se prendere la macchina o arrivare a destinazione a piedi, magari attraverso una zona verde o pedonalizzata. Oppure coloro che possono fruire di un servizio di sharing, ad esempio per monopattini o biciclette. Servizi che pure, però, non sono molto economici.
Ci sono però gli altri. Ad esempio le famiglie che abitano in periferia, cioè quelle più colpite dal caro carburante che, è ben noto nella teoria economica, incide molto di più sulle classi meno abbienti. Costoro, rispetto alle famiglie più ricche, destinano una quota maggiore del loro budget ai costi di trasporto e ai beni di prima necessità come cibo ed energia. Per queste categorie bisogna pensare a misure strutturali, a politiche dei trasporti che migliorino l’accessibilità tra le periferie e il centro o tra le periferie stesse.
A Genova si è avviata di recente una sperimentazione che si concluderà il 31 marzo che prevede il servizio gratuito sulla metropolitana negli orari «morbidi», quelli non di punta. Il costo stimato dell’operazione è di 600 mila euro. L’obiettivo era, prima dello shock dei prezzi, quello di portare, sull’esempio di molte città europee, i cittadini verso il trasporto pubblico, creando una massa critica della domanda. Il trasporto pubblico locale è finanziato per oltre il 65% con fondi pubblici, sia che venga utilizzato appieno sia che gli autobus viaggino vuoti. Se questa sperimentazione è partita con un obiettivo più legato alla volontà di ridurre i veicoli in circolazione e le emissioni di Co2, nell’attesa della transizione ecologica, potrebbe diventare uno strumento di modificazione dei comportamenti e di inclusione sociale delle fasce deboli della popolazione. Bisogna però velocemente avviare una riprogrammazione dei servizi e l’analisi dei «nuovi» bacini di utenza.
C’è poi il problema dell’accessibilità in tutte le aree rurali interne e dell’adeguatezza dei servizi di trasporto pubblico in quelle zone. Vi sono lacune notevoli, sia nei servizi sia nella tariffazione. Certo, non sono problemi che si risolvono in 30 giorni ma bisognerà cominciare a prenderli in carico strutturalmente. Se adesso si sono trovati i fondi per intervenire, non è detto che tra trenta giorni potrà essere così facile trovare altre soluzioni.
L’Osservatorio sui prezzi della benzina del MISE potrà svolgere la sua funzione con i rinnovati poteri garantiti dal decreto e il rinnovato focus da parte dell’Antitrust sul settore dei carburanti (già attenzionato nel 2014) potrà contribuire ma i costi dell’attività di controllo non sono certo irrilevanti e, soprattutto, non rappresentano una risposta sostenibile e strutturale.