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Vi racconto la strana storia di Rosa e Fedele

 
Gianni Ciardo

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Gianni Ciardo

Gli innamorati

Le parole di Gianni Ciardo

Lunedì 26 Settembre 2022, 13:49

Buongiorno. Ecco un altro lunedì. Il tempo passa e la carne urla. La storia rimane. Si. la storia è fatta dagli uomini, ma soprattutto dalle donne. Noi a Bari abbiamo personaggi che hanno certamente fatto la Storia. Alcuni però hanno provato senza farcela, dicendo rassegnati alla fine: «Storia mia non è più!»

Molti non sanno che fra le donne fondamentali di Bari, ce n’è una. Rosa Lavopa.

Rosa ebbe un’ infanzia piuttosto infantile e tutte le altre bambine che giocavano con lei, alla fine le dicevano sempre di non fare la bambina!

Rosa crebbe…cresse…crescette…insomma, diventò grande ed insieme a lei tutte le altre bambine che oggi, sempre in proporzione, sono più grandi di allora.

Rosa all’età di quindici anni si fidanzò con un ragazzo «insiste e camminatore, molto buono e alto».

Si chiamava Fedele e aveva le mani bucate. Se ad un appuntamento al posto suo si presentava un altro lo perdevi dalle mani.

Quando Rosa e Fedele si incontravano, lui le andava incontro, lei pure, fino ad incontrarsi e così proprio capirono che erano fatti uno per l’altro. Una volta vicini, lui le diceva: «Cià!»

Lei pure. Prendevano la via di casa e una volta arrivati tornavano indietro fino a casa di lui. Tutto questo per una ventina di volte, fino a quando lei diceva: «Mhè mò accompagnami!»

Un giorno per evitare tutta questa strada, decisero di sposarsi.

Si sposarono alla Vallisa e la festa la fecero alla sala del Mutilato.

Si sposarono quando c’era la lira. Pagavano sessantamila lire di affitto e settecento di condominio. Nei mesi successivi Fedele, nonostante fosse «insiste e caminatore» non si muoveva. Capisci a me?

Rosa decise di chiudersi in convento.

Bussò al portone di un grande convento e fu accolta. La suora che le aprì disse: «Chi è che bussa al mio convento?» E lei rispose: «Sono Rosa Lavopa e son venuta per prendere i voti».

La portinaia incalzò dicendole: «Ma questo è un paese democratico!» e Rosa disse «Appunto!», così entrando.

In convento appena fece ingresso, si ritrovò davanti ad un lungo corridoio, con alle pareti tanti manifesti. C’era l’amaro lucano, la Lollobrigida, Donatella Rettore, Franco Quarto e Franco Primo, Don Lurio, Don Fiore e don Backy. Rosa era vestita tutta di verde, anche perché doveva farsi coraggio e così solo poteva avere speranza.

Rosa sistemò sul letto le valige e poi scese per conoscere le altre sorelle, che pur non conoscendole affatto, le erano lo stesso sorelle.

Rosa stava per candidarsi, quando ad un certo punto al cancello d’ingresso si presentò Fedele che vedendo il futuro che Rosa stava per intraprendere, cominciò ad urlare.

«Rosa…Rosa…uno, due e tre, chi vedo, vedo! Non lo fare…non lo fare!»

Rosa guardò Fedele e con disprezzo gli lanciò una sentenza: «Tu non puoi votare!»

Fu così che Fedele mise la macchina in moto e andò via.

Rosa si candidò e prese tanti voti; passò pure di grado, facendo i concorsi interni. Si iscrisse al sindacato ed ebbe una fidejussione dalla banca del sangue. Con quel credito, aprì un’attività e la chiamò «Preziosissimo Sangue».

Oggi Rosa è miliardaria e se vai a chiedere un quarto di sangue, lo paghi almeno duemila e settecento euro, anche perché i tempi son cambiati e la lira non c’è più.

Qualcuno si chiederà, perché costa così tanto?

Perché è Preziosissimo sangue.

Morale: ognuno…! Come vedete, c’è voti e Voti.

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