Per preparare una «lezione di letteratura» poi tenuta all’Auditorium di Roma, ho riletto Anna Karenina di Lev Tolstoj. Per mesi, rileggendolo, mi sono sentita vicinissima ad Anna, a suo marito Karenin, all’amante di lei, il fascinoso, irresistibile Vronskj. E di nuovo, dopo averlo molto amato da ragazza, sono tornata a immergermi nelle fibre di questo grande romanzo che a distanza di quasi centocinquant’anni (centoquarantasei, per l’esattezza: uscì nel 1877) continua a parlare ai lettori del mondo intero, così come a spettatori appassionati delle sue varie versioni cinematografiche.
Da dove, la sua costante attualità? Che cosa tra i capolavori della letteratura del mondo lo rende romanzo «sempreverde», quello che più resta nonostante tutto, contemporaneo? Come spiegare l’universalità, ovvero quel che trascende il libro in sé, l’intreccio della sua trama, e invece, di volta in volta attualizzandosi, sfidando il tempo e lo spazio di geografie globali e globalizzate, è, e rimane, dominio condiviso?
Il tema dell’adulterio lambisce le nostre vite: quelle di tutti. Lasciati per un momento gli scenari più efferati, adulteri che si rivelano il frutto di psicotici sdoppiamenti della personalità, messe da parte simili orrorose derive, la possibilità di innamorarsi «altrove» fa parte di tante vite, di tantissimi percorsi. Anna Karenina parla di quell’«altrove». Della forza fatale con cui un innamoramento irrompe su un’esistenza, la stravolge, altre volte la lascia così com’è, ma addensandola e complicandola con un altro palpito, parallelo e segreto. Quando perdi la testa per una seconda persona e tutto esplode, ma prima di esplodere, o senza che ciò avvenga, tutto anche sprizza una vitalità che prima pareva impossibile.
«Adulto» e «adulterio» hanno etimologie diverse, eppure sono termini che viene spontaneo associare. Perché la vita adulta porta con sé la possibilità dell’adulterio, nella realtà o invece nell’immaginazione; adulterio come minaccia, o invece come alternativa da cullare nell’immaginazione. Tutto trova spazio nell’«altrove» di un altro amore possibile. Un bel film di qualche anno fa, Perfetti sconosciuti, raccontava di adulti che all’improvviso, durante una cena e grazie a un gioco inventato lì per lì, scoprivano a vicenda di condurre esistenze tutte impostate su bugie, doppiezze, palpiti nascosti di altre relazioni.
L’«altrove» di un innamoramento adultero molte volte serve a farci scoprire parti di noi seppellite. In questo senso, ha una funzione opportunisticamente strumentale. L’altro arriva, e ce ne innamoriamo, per dirci che non siamo solo quel che crediamo, o quel che facciamo credere al mondo di essere. Può darci gioia, l’adulterio, poi tormento, oppure adrenalina o invece angoscia: come che sia, è un orizzonte il cui senso risiede nel mostrarci un altro noi, altre parti di noi. Arriva a darci il segnale di una nostra scissione interna.
Il romanzo di Tolstoj lo mostra in modo magistrale. Racconta come la vita adultera possa significare una fuga che finisce con l’opprimere chi l’ha azzardata. Anna si innamora profondamente di Vronskj, per lui lascia tutto e sfida la propria reputazione in società. Presto però la sua scelta si ritorce contro di lei, la annienta. La felicità del nuovo amore, spenta la fiamma dell’idillio degli inizi, diventa una prigione, un tormentoso declinare, una drammatica domanda su di sé e sul senso stesso della ricerca della felicità, prima ancora che sul significato della felicità stessa.
L’esito sarà drammatico, ma prima ancora, c’è il dramma della personalità «disunita» di lei come adultera, il dolore che Anna Karenina prova non trovando più completezza, né in sé, né in nulla. Gli adulteri non avvengono davvero per caso, i tradimenti non sono solo fatalità che, potenti, fanno irruzione nella vita adulta e «non ci si può fare niente», il nuovo amore ci rapisce il cuore portandoci magari per anni a condurre doppie vite, costellate di bugie pur di star bene e far star bene sia il consorte che l’amante. Se succedono, è anche e soprattutto perché parti di noi non sono state ascoltate, e non completate, sono incomplete. In questo mondo dissennato e troppo veloce, chiassoso, troppo esibito, dove è così difficile capire cosa siamo, cosa ci piace, cosa davvero amiamo, meglio, molto meglio ascoltarsi di più e capire come si è fatti, prima di cercarci attraverso gli altri, e così tradire (noi stessi per primi, subito poi altre persone); prima di spezzare, e mentire, e sdoppiarsi.
L’antica ma sempre viva e tragica traiettoria di Anna Karenina questo pure ci tramanda: che se non se ne affrontano le vere istanze, le domande che porta con sé, l’adulterio è una grande débacle, poco di più.