Giovedì 16 Ottobre 2025 | 22:36

World Press Photo Exhibition, a Bari in mostra 144 finestre sul mondo FOTO

World Press Photo Exhibition, a Bari in mostra 144 finestre sul mondo FOTO

 
Redazione online

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Fino all’8 dicembre nella sala del Colonnato del palazzo della Città. La foto vincitrice della fotografa palestinese Samar Abu Elouf per il New York Times ritrae un bambino palestinese

Giovedì 16 Ottobre 2025, 19:20

19:24

Un bambino di Gaza City gravemente mutilato nel corso di un attacco israeliano a marzo 2024. E' stato ritratto per il New York Times dalla fotografa palestinese Samar Abu Elouf, che con questo scatto si è aggiudicata il premio Photo of the year del World press photo. L’immagine è esposta, con altre 143, nella World Press Photo Exhibition 2025, a Bari per il 12esimo anno. La mostra, organizzata da Cime, quest’anno è ospitata nella sala del Colonnato del palazzo della Città metropolitana ed espone le immagini selezionate fra quasi 60mila lavori candidati da 3.778 fotografi provenienti da 141 Paesi del mondo.
La mostra di fotogiornalismo, aperta fino al prossimo 8 dicembre, è stata presentata oggi alla presenza del sindaco di Bari Vito Leccese, del direttore di Cime Vito Cramarossa e della fotoreporter italiana Cinzia Canneri, vincitrice nella categoria Long term project. Fra gli scatti c'è anche quello realizzato dalla fotografa venezuelana Gabriela Oràa per Reuters, che ritrae la leader dissidente Maria Corina Machado, vincitrice del Nobel per la Pace 2025.

«Quelle esposte - ha detto Cramarossa - sono 144 finestre sul mondo che raccontano cosa succede e permettono di riposizionarsi rispetto a ciò che accade. Se vogliamo dare un tema a questa mostra è la complessità, che molto spesso purtroppo non va più di moda». A proposito della nuova location, Leccese ha spiegato che «questo luogo architettonicamente molto pregiato incomincia a dialogare con la città, è un’apertura alla comunità. La bellezza di questo palazzo si arricchisce della bellezza del messaggio delle fotografie». Canneri ha spiegato che il suo premio «ha permesso di dare voce a una storia nascosta di cui non si parla e di dare un’opportunità alle donne eritree di poter chiedere giustizia per le violenze sessuali che hanno ricevuto durante la guerra».

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