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«La stretta anti-rave è rischiosa demagogia», parla Giovanni Floris

 
Fulvio Colucci

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Fulvio Colucci

«La stretta anti-rave è rischiosa demagogia», parla Giovanni Floris

«Il declino si ferma con la cultura»: il giornalista oggi a Triggiano e Bitritto presenta il volume «Il gioco»

Venerdì 04 Novembre 2022, 13:25

Giovanni Floris a Triggiano e Bitritto. Per il popolare giornalista che in tv, su La 7, conduce il programma «DiMartedì», mini-tour in provincia di Bari con due tappe nella giornata di oggi. La prima è a Triggiano (ore 18) nell’auditorium dei Licei Cartesio per gli incontri con l’autore del Libro Possibile Winter. A moderare Rosella Santoro, direttrice artistica del Libro Possibile. La seconda a Bitritto (ore 20.30) nella sala del Castello. L’evento organizzato dalla libreria Libriamoci vedrà la partecipazione, con Floris, del giornalista Gino Martina.

Al centro della «scena» il nuovo lavoro di Floris, un giallo dal titolo intrigante ed evocativo: Il gioco (Solferino edizioni, pp. 416, euro 19). Il romanzo è un giallo che parte dalla sparizione di una studentessa e finisce per intrecciare destini dentro una incredibile «caccia al tesoro». «Il Gioco non consiste nel trovare le risposte, ma nel cercarle» spiega Floris alla “Gazzetta”.

Il giallo offre un dilemma: i libri salvano o le parole uccidono? È un punto di partenza. Ma il dilemma sarà, alla fine, sciolto o rimane come spunto di riflessione anche oltre la lettura?

«Se ho lavorato bene, le domande importanti dovrebbero restare aperte, perché Il gioco non consiste nel trovare le risposte, ma nel cercarle. Cercandole facciamo lavorare il cervello ed evitiamo le trappole della manipolazione. In particolare, quella sul “peso” delle parole è una domanda tra le più importanti oggi: le parole che sto scrivendo, divulgando, ripetendo, sono di quelle che salvano o di quelle che uccidono? Un articolo determinativo maschile o femminile, un aggettivo in più o in meno, non cambiano solo la comunicazione, cambiano la realtà. E per capire se la cambino in meglio o in peggio non c’è una formula. Bisogna chiederselo volta per volta con onestà intellettuale».

Il racconto ha l’ossatura di un giallo e la veste - come lei stesso ha dichiarato - di un viaggio inaspettato, di una caccia al tesoro. È stato facile accostare le due cose?

«Questo libro è stato molto più impegnativo rispetto ai miei precedenti. Intanto perché sono andato per mesi a lezione da mia madre ex professoressa, per un maxi-ripasso di letteratura del Novecento, con tanto di quaderno per prendere appunti! E poi ho lavorato molto e fin da subito su una scaletta, definendo i passaggi del giallo e gli snodi della caccia al tesoro, prima di mettermi a scrivere. Non è stato facile, no. Ma è stato molto gratificante cimentarmi in questa dimensione della scrittura che non avevo ancora tentato».

Possiamo definire il suo lavoro una narrazione corale? Spiccano i due compagni di scuola accusati della sparizione di una studentessa e il docente che li difende. Ha pensato così di attirare anche i lettori giovani, “merce” rara e preziosa?

«Ho pensato ai lettori giovani mentre scrivevo e sto lavorando bene con le scuole: ho già in programma molti incontri in Puglia e nel Lazio, ma cercherò di organizzarne tanti. Sono contento di poter parlare con gli studenti. Spero, più che di attrarli, di poterli interrogare, non in senso scolastico ma in senso esistenziale. Credo che per stimolare la loro curiosità non basti dire che un autore è importante o che un libro “va letto”. Bisogna far emergere che quella storia, il punto di vista e le intuizioni di quell’autore, serviranno per risolvere i loro problemi, per aiutarli a vivere meglio, per renderli più capaci di capire gli altri e di farsi capire. Quando ti rendi conto che i libri non sono oggetti, ma interlocutori, sei meno solo di fronte alle tue paure, alle depressioni, ai dubbi. Se almeno un po’ di ragazzi lo capiranno grazie a Il gioco, avrò fatto il mio dovere di autore».

A proposito di giovani. Lei ha parlato della necessità di fermare il declino, ma non con scelte forti, autoritarie. Come la mettiamo con la stretta anti-rave? È la premessa di quell’ulteriore declino da lei temuto?

«Le leggi per fermare le derive delinquenziali degli eventi di massa ci sono già. Basterebbe farle rispettare. Se si fanno nuove, bisogna farle bene. Tutto il resto è demagogia. Rischiosissima demagogia. Il punto - e il messaggio del romanzo - è che non è con le leggi che si ferma il declino. Il declino si ferma con la cultura. I miei giovani protagonisti, Momo e Francesca nel corso della loro caccia al tesoro non spacciano, non partecipano a risse o reati perché hanno trovato qualcosa che li appassiona di più. E quel qualcosa è, incredibilmente, la letteratura.

La rivoluzione della cultura. Sembra un’utopia?

«È la vera rivoluzione, se i ragazzi - magari con l’aiuto degli insegnanti - avranno voglia di farla».

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