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Giuseppe Lagrasta
28 Febbraio 2021
Il tempo nel suo scorrere, tra leggerezza e malinconia, tra nostalgia e passioni sente raggi di cenere che lo scuotono, lapilli, bocche di fuoco ne offuscano l’orizzonte, provocando onde di nebbia. Il tempo Covid 19 provoca caos, dispone immediate scomparse, annienta il sistema della vita quotidiana, ne implode le energie positive, provoca sfacelo in altre, che avevano bisogno di socialità. Viviamo in coste basse e sabbiose dove fari sempre accesi accolgono barche alla deriva, naufragi che hanno perso il diritto di vivere, anime che, attraverso la luce del Faro, ne prevengono l’inabissarsi. Viviamo nelle tenebre degli abissi quotidiani e la luce che possa ristorare le caverne di questo immenso inferno dobbiamo offrirla noi, con il nostro pensiero meridiano, idea e missione tanto cara a Franco Cassano.
Negli ultimi tempi, la scrittura del silenzio e la lettura interiore hanno avuto spazio nella vita quotidiana; il silenzio e l’interiorità, anche a causa, di un prolungato isolamento hanno sopperito sia alla mancanza di relazioni sociali che a quella delle comunicazioni interpersonali, che prima dell’Era Covid avevano altre sembianze, figure e strategie.
Anche il tempo si è fermato al Punto Zero, punto dell’attesa, della speranza, della lotta e del contrasto al virus. Così è stato necessario individuare, il Punto Zero o Tempo Zero, luogo senza cerimonie per la ricerca interiore che ha favorito l’avvio di percorsi di ricerca personali, di riflessività, di costruzione di senso e significato nel corso dell’azione quotidiana. Il vuoto e il nulla si combattono con il senso della vita culturale che sono spazi emergenti per l’immaginazione e le nuove visioni del mondo dove il nulla e il vuoto si scontrano con le autobiografie, con altre visioni del mondo che devono, altresì, intervenire per suggerire strategie innovative al presente e al futuro incombente. Le circostanze si nutrono dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti, nuove strategie di approccio alla comunicazione tecnologica e alla riflessione culturale richiedono un cambiamento di passo, un mutamento di rotta, un investimento in cultura e in cultura della cittadinanza attiva, dell’inclusione, dell’accoglienza e della formazione integrale dell’uomo.
E in tal senso invitiamo a riflettere sulla necessità e opportunità di condividere la grammatica della letteratura meridiana che si apre a nuove e meditate esplorazioni di orizzonti socio - culturali. Senza dubbio la nostra ricerca esplorativa, muovendo dal pensiero della mediterraneità approda al mare Adriatico e al giovane colore azzurro delle sue acque. Noi siamo per quel colore e siamo per il recupero di quella luce e di quella terra che spesso abbiamo dimenticato: sono luoghi, invece, che ci hanno visto nascere, crescere, sopravvivere ed educare, educandosi.
Il pensiero mediterraneo e il pensiero meridiano si trasfondono di luce e di colori; non siamo ai frammenti del senso, ma crediamo alla composizione e compensazione dei segni così come previsto dal modello conoscitivo della cartellina dei cinque sensi di Albert Camus e Italo Calvino. La nuova mediterraneità non può esistere senza i colori del cielo e del mare e il recupero integrale della cartellina dei cinque sensi di Monsieur Palomar e tanto cara al Camus di Nozze; i due protagonisti rappresentano l’alchimia pura del pensiero meridiano. In tale senso ricordiamo quanto afferma Franco Cassano: «Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra (in primis quello dell’economia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia, con l’apertura della cultura greca ai discorsi in contrasto, ai dissoi logoi».
È possibile coniugare, in tale direzione, l’elogio della leggerezza di Italo Calvino discusso nelle Lezioni Americane all’elogio della lentezza intesa da Cassano che così sottolinea: «Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada. Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo». Elogio della lentezza e pensiero necessario, due aspetti fondamentali della lettura del mondo indicata da Franco Cassano, che ci fa riflettere sul mondo della lentezza, passo della lettura della poesia e dei racconti, ritmo per la conoscenza dei grandi fiumi delle narrazioni che hanno dolcemente invaso il nostro mondo, nel corso dei secoli. La poesia come esercizio di necessità per la «conoscenza del tu» e il «confronto con l’altro», poesia come relazione profonda con la vita, il modo interiore e la bellezza dell’umano.
«L’Occidente – afferma Franco Cassano – dovrebbe cessare di guardare con un orrore comodo e superbo alla barbarie del fondamentalismo, dei nazionalismi e dell’economia criminale e tentare di combatterli iniziando con il controllare il proprio fondamentalismo, quello dell’economia. Solo limitando l’homo currens si può sbarrare la strada allo sradicamento e agli usi reattivi della tradizione, al suo ritorno violento e soffocante. Prendere atto del lato oscuro e aggressivo della propria cultura significa finalmente uscire dall’etnocentrismo». Sottolinea Cassano che: «Esistono una pluralità di vie per arrivare a Dio, una pluralità di lingue per dargli un nome. Se ogni cultura prendesse atto del proprio lato oscuro, di quei frutti avvelenati che essa produce (e che ama disconoscere imputandoli ad altri) si potrebbe iniziare a parlare. Finché gli homines prodotti dalle altre culture saranno considerati soltanto stadi intermedi sulla via del raggiungimento dell’homo currens sarà perfettamente normale che i perdenti non accettino di stringere la mano a coloro che hanno imposto il gioco nel quale vincono sempre».
La ricerca di una dimensione di integrazione e di inclusione richiede che: «All’Occidente spetta il compito difficilissimo (ma non nuovo) di diffidare del proprio nobile universalismo che corre in soccorso e in aiuto, di non pensare che le proprie istituzioni siano un campo neutro sul quale le culture si sfidano e si incontrano ad armi pari. Mi sì consenta di concludere – scrive Cassano – con una riflessione personale che nasce dalla abitudine di passare le vacanze estive in Grecia e che probabilmente esprime più che un pensiero organico e maturo un intreccio di convinzioni. Sempre mi è capitato di osservare che laddove arrivano i turisti spariscono i religiosi: splendidi e non più remoti monasteri con pochi frati superstiti sono consumati ogni giorno da migliaia di turisti (tra i quali il sottoscritto). C’è sempre qualcosa di amaro in ogni ritorno da queste visite, la sensazione che, nonostante il nostro continuo assaggiare tutto, un sapore serio ed importante si sottragga al nostro gusto e alla nostra conoscenza».
Così raccogliamo l’invito di Cassano nello scoprire il silenzio e l’elogio dell’amore verso i chiaroscuri e le zone d’ombra che rappresentano i riti di passaggio che ogni poeta o poetessa, ogni essere umano, conta di attraversare per riconoscersi in quel territorio dove alberga il senso vero delle cose e, la tenue verità che dimentica di essere «verità» e ciò incarna la figura del lectornauta, anch’egli uomo dal pensiero mediterraneo che crede nello stadio del silenzio e dell’umana avventura riflessiva ma soprattutto manifesta la volontà di riappropriarsi di un nuovo manifesto della poesie meridiana. Il lecotornauta, figura quanto mai attuale nell’Era Covid, appare e scompare ai radar della visibilità quotidiana poiché è risoluto e capace nell’amare il mare, la luce e i suoni del mare, i prati, la natura tutta, per far sì che il riflettere, il meditare e l’includere possano trasformarsi in esercizio di umanità. E così il linguaggio artistico che sviluppa l’immaginazione e la creatività sostiene il pensiero meridiano come esercizio di raccolta dell’autobiografia collettiva. Come la poesia si nutre anche e soprattutto di pensiero meridiano così l’autobiografia collettiva nutre la dimensione creativa dell’umano.
Integriamo le nostre riflessioni con quanto scrive Francesco Giacomantonio in merito al discorso del pensiero meridiano di Franco Cassano: << Il discorso di Cassano si apre con una premessa fondamentale, quella della lentezza, dell’analisi misurata e tranquilla di ciò che ci circonda, in contrasto con la velocità estrema che caratterizza il vivere quotidiano di molti uomini della società contemporanea. Partendo da questa idea, l’autore si impegna a spiegare il valore e il significato che il Mediterraneo ha nella cultura e nella società occidentale. Questo mare ha, infatti, avuto un ruolo cruciale nel determinare la forma di civiltà della Grecia antica da cui discende tutta la vicenda dell’Occidente. Il Mediterraneo si limita a separare le terre e non fissa distanze smisurate come gli oceani, permettendo quindi rapporti tra i popoli. La Grecia è il luogo fisico in cui questa tendenza del Mediterraneo si manifesta maggiormente: nella polis gli stranieri sono subito cittadini e l’unità è più difficile e richiede tempi più lunghi, il sapere non si ferma mai in pensiero definitivo e il potere non si fissa nell’immobilità. È proprio nel complesso rapporto tra Grecia, Mediterraneo e Europa che affonda le sue origini la crisi e la crescita del pensiero».
Le riflessioni di Giacomoantonio alimentano il concetto di «pensiero meridiano» che rappresenta il «focus poetico del nostro mondo», indica il «focus - intensità – libertà» con cui si deve vivere la vita sociale e relazionale ma soprattutto sottolinea come il mare, la natura, il mondo delle passioni culturali della sensibilità e della creatività di ogni essere umano, contribuiscano all’evolversi dei sogni, degli accadimenti, sprigioninino nuovo senso alle avventure creative profondendo spirito di innovazione al pensiero umano - meridiano. Scriversi, riflettersi, raccontarsi, riconoscersi, includersi, comunicarsi fanno parte, - a nostro avviso - dell’idea di pensiero meridiano esplicitato da Cassano che ritiene rivoluzionario il pensiero meridiano che si proietta in connessione con il pensiero meridiano di Albert Camus e di Italo Calvino, che uniti, consentono l’attuazione della strategia del dubbio e dell’epochè; la poesia e la poetica umana, la narrazione dell’umanità sono gli specchi, la wunderkammer del nostro essere mediterranei e adriatici, con lo spirito innovativo che ci caratterizza tra immaginazione e creatività.
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