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Il racconto
Paolo Comentale
19 Dicembre 2020
«Occhio d’argento» è il nuovo libro di Paolo Comentale, appena pubblicato da Edizioni di Pagina. Ne pubblichiamo uno stralcio.
paolo comentale
I pesci vanno e vengono. I pescatori aspettano. Conoscete il Grecale? È un vento, soffia all’improvviso rapisce i bambini e li porta via, lontano. Fate i bravi se no arriva il Grecale. Nasconde i bambini nel suo grande mantello nero.
Il Grecale ha sette giacche si traveste di continuo e non lo riconosci mai …
Pescatore che vai per mare non ti fidare , se un giorno vedi il sole, il mare è calmo e non tira un alito di vento tu stai attento.
Quando meno te l’aspetti arriva il Grecale, detto anche Greco, e porta via tutto.
Anche gli occhi per piangere.
Era nato sotto la neve. All’ombra della grande Abbazia che sorgeva sul mare.
Era nato in un trullo. Quell'anno fece tanta neve e nel trullo non si entrava e non si usciva.
La neve era alta più di un metro, chiamarono dal Paese gli spazzini con le carrette, mai vista tanta neve ad Aprile. La statua del Santo bambino restò a lungo ghiacciata mentre nella chiesetta sul porto la gente pregava : “Possa arrivare il sole e la stagione clemente, San Vito non ci abbandonare al freddo e al gelo!”. San Vito, il Santo bambino, esaudì le suppliche della povera gente. Tornò il sole e tornarono le belle giornate, la neve si sciolse ma i bambini nati al freddo di quel tempo gelato restarono segnati per sempre.
Lui era uno di loro.
Era figlio di pescatori. Lo chiamavano Occhio d’Argento.
Era rimasto colpito di striscio da una bomba quando era ancora piccolo. Un giorno sul mare in barca una bomba tirata davanti alla sua faccia scoppiò prima del tempo, forse la miccia era corta. Il lampo gli prese un occhio e da allora lo chiamarono Occhio d’Argento.
A quei tempi tutti pescavano con le mine. Avevano sempre fatto così, le bombe stavano sulla tavola di mezza coperta dove sistemavano anche le reti. Dopo una serie di bombe e di pesci morti prendevano il retino caricavano i pesci sulla barca e andavano a venderli.
Occhio d’Argento sembrava vedesse colori mai visti. Sembrava che l’occhio offeso vivesse in un mondo tutto suo dove nessuno sapeva entrare.
Occhio d’Argento crebbe tra il mare, le barche e le bombe . Scoprì che nessuno voleva pescare con lui. Un occhio d’argento è un occhio diverso e il popolo del mare non ama le cose diverse. Le persone diverse sono pericolose. Aveva imparato a pescare da solo, fidando sulle sue forze. Bombardava il mare dalla scogliera. Vedeva gli altri pescatori passare sotto di lui. Non lo salutavano mai. Per non buttargli le bombe in testa Occhio d’Argento dall’alto fischiava.
Un fischio acuto e prolungato. Quando lanciava le bombe dalla scogliera vedeva sotto di lui l’acqua gorgogliare come l’acqua della pasta che bolle. Niente altro.
Scendeva a piedi dalla scogliera, prendeva la barca, raccoglieva i pesci . I pesci sono curiosi come noi. Più ne muoiono per lo scoppio più ne escono a vedere cosa succede. A quei tempi i pesci erano ovunque mentre ora i pesci sono quasi scomparsi. Non sono state solo le bombe è stato l’uomo.
Un giorno tornava dalla pesca , il mare aveva il colore delle viole più belle. Era quasi al porticciolo quando vide un fagotto scuro. Un odore forte, una puzza di pelo bagnato, era un cucciolo, un cucciolo buttato a mare chissà da chi come un rifiuto. I sacchetti neri di rifiuti galleggiavano ovunque ma quella che vedeva galleggiare a pochi metri dalla sua barca non era spazzatura.
Era un cucciolo. Appena nato già combatteva per la vita.
Occhio d’Argento si avvicinò e lo prese dall’acqua come si prende un pesce.
Il cucciolo tratto in salvo sulla barca tossì, guaì. Aprì gli occhi, erano uno diverso dall’altro. Come lui. Lo adagiò sui teli di juta a mezza coperta.
Portò la barca ad arenarsi sulla sabbia del piccolo porto. Mentre trafficava con le reti un gruppo di gatti venne incontro miagolando per reclamare un po’ di cibo e lui si ricordò di una gatta che sul fondo di una barca rovesciata aveva partorito da poco e aveva i gattini. Forse stava ancora allattando. Prese il cucciolo ancora bagnato e lo mise davanti alla barca rovesciata. Una gatta può allattare un cagnolino ?
Il cucciolo non si fece tante domande, entrò sotto la barca.
La Natura avrebbe fatto il resto.
Fuori premeva il maltempo, era l’ultimo giorno di pesca. L’ultima uscita sul mare.
Sarebbe tornato in primavera con il passaggio dei primi banchi di alici. I pesci migrano come gli uccelli.
In dieci passi raggiunse la sua casa, l’aveva costruita davanti al porticciolo , la porta, fatta con il legno delle barche, era incorniciata da una robusta vite americana. Accanto all’ingresso sorgeva la grande chioma di un albero di fico. La casa aveva un cortile esterno abbastanza grande poi si entrava in un solo vano dove c’era la cucina, il tavolo con le sedie e il letto.
In capo al letto una stampa antica di San Vito, il Santo bambino che, tra le tante cose, salva pure i cani dalla rabbia.
Nella stampa il Santo usciva da un fondo che pareva di sabbia.
Era l’unica immagine della casa.
La sua barca era troppo malandata, decise di costruirne una nuova. Una barca nuova per un mestiere antico. Il legno lo prese in prestito da un suo amico falegname, lo avrebbe ripagato con il pesce pescato.
Legno corda fuoco rafia pece e sudore. Non è difficile costruire una barca, l’importante è che venga fatta a regola d’arte. Secondo natura. Così come è fatta la lisca di un pesce così è fatta l’intelaiatura di una barca.
Prima pensò all’ossatura in faggio che è un legno duro, poi preparò le ordinate in legno dolce di abete sagomate con l’acqua e con il fuoco . L’acqua ammorbidiva il legno mentre il fuoco lo piegava, successivamente l’acqua serviva a bagnare il legno per non bruciarlo.
Acqua e fuoco usati a regola d’arte avrebbero piegato il legno a dovere.
Aveva iniziato a lavorare nello spazio fuori casa e procedeva di buona lena nella costruzione dell’opera viva che va in acqua e dell’opera morta che esce fuori dell’acqua. L’opera viva non la vediamo eppure è la parte più importante della barca, va costruita con cura, un piccolo errore può risultare fatale.
Una volta costruite le opere bisognava impermeabilizzare il fasciame con una operazione delicata, la calafatura. Prese della stoppa e iniziò a intrecciarla come una corda, poi con uno scalpello piatto, detto malabestia, e un martello di legno grosso e tondo, spinse la canapa intrecciata a pressione tra una fascia di legno e l’altra. Poi passò la pece per rifinire.
La barca era quasi pronta. Mise un rinforzo di legno a poppa dove poteva applicare il vecchio motore che possedeva. Adesso l’ultima cosa. Serviva la vernice a base di minio e ossido di piombo, mischiata all’olio di lino cotto. Era un antico rimedio per evitare che nel fasciame della barca si potessero annidare i tarli. Non usò per colorarla i colori del Santo, il rosso e il verde.
Prese un barattolo di azzurro chiaro, lo mischiò al nero e decise di fare a modo suo.
Era sempre andato controcorrente.
Colorò la barca di un bell’azzurro profondo. Chiaro nell’opera morta, scuro nell’opera viva.
Una sottile linea bianca di cementite separava le due opere. Costruì anche un albero completo di vela, realizzata da un vecchio lenzuolo di flanella, e nel legno del banco fece un foro per piantare l’albero. Preparò con cura ai lati del banco il posto degli scalmi per i remi e a prua, come da antica tradizione, un legno ricurvo a U chiamato corno. Ora era finita. La rimirò per bene. Una grande fatica.
Bisognava inaugurarla , avrebbe fatto un lancio di confetti bianchi. Aveva fatto tutto da solo sapeva che nessuno sarebbe venuto a vedere la barca nuova. E il nome ? Non voleva usare i nomi soliti , i nomi dei Santi o della Vergine. L’avrebbe chiamata come avevano chiamato lui.
Occhio d’Argento.
Un giorno, aveva da poco finito la costruzione della barca nuova, era una bella giornata di sole e in casa entrò un cane. Nero, con lo sguardo buono e la coda dritta, le orecchie abbassate. Si riconobbero. Il cane salvato era tornato dal suo padrone. Da allora iniziarono a vivere insieme.
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