Una «Tuta blu» piena di ricordi
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Il racconto
Paolo Comentale
20 Novembre 2020
Questa storia è liberamente ispirata alla vicenda bellica di Paolo Prati, ufficiale di complemento del Regio Esercito Italiano della Divisione Venezia in Montenegro durante il secondo conflitto mondiale 1940-1945
Erano arrivati da poco nella cittadina di Berane in Montenegro come truppa di occupazione.
Il giovane sottotenente si trovò all’improvviso in una realtà nuova, molto diversa dalla incessante propaganda del regime. Il Fascismo aveva tracciato una linea immaginaria, da una parte c’erano i popoli eletti, dall’altra i condannati perché ritenuti inferiori. Quindi, secondo la delirante dottrina razziale imperante in Italia i popoli slavi, posti di fronte agli eredi dell’antica Roma, avrebbero addirittura rinunciato a combattere. Questo sosteneva la propaganda.
Nulla di più falso.
Gli slavi che popolavano il Montenegro erano un popolo fiero e combattivo, profondamente attaccato alla propria terra. Quando parlavano della propria libertà, che adoravano sopra ogni cosa, solevano dire : le aquile non possono essere né assoggettate né tantomeno incatenate.
I soldati italiani si ritrovarono da subito a fare i conti con una guerriglia costante. I ribelli, così venivano chiamati, erano pronti alla morte piuttosto che rinunciare alla libertà. Quando venivano catturati, durante i numerosi rastrellamenti, testimoniavano da un lato la loro fede incrollabile nella libertà ma anche un sentimento autentico di ammirazione verso il popolo italiano.
Ed è qui che nasce la storia che voglio raccontare.
E’ sera. Scende la notte. Una notte splendida e freddissima , sulle alture del Montenegro brilla una palla enorme, gialla come uno zecchino di oro sonante. E’ la luna nuova.
Il giovane sottotenente ha la responsabilità di un gruppo di ribelli presi prigionieri che probabilmente verranno usati per lo scambio dei prigionieri. I ribelli non sanno nulla, sono rinchiusi in una casupola diroccata , due sentinelle fanno la guardia per evitare le evasioni. E’ notte, quasi tutti i ribelli dormono nonostante le paure e le tribolazioni.
Il sottotenente è ancora sveglio e guarda la luna, non riesce a riposare. Troppi pensieri, troppe responsabilità, troppe preoccupazioni nel suo giovane animo di ufficiale di prima nomina . Ha un animo musicale, in Patria a Napoli ha frequentato il San Carlo, spesso con la famiglia al completo ha seguito l’Opera. Possiede una vena mistica che a volte emerge come davanti alla visione della luna piena che fa capolino tra le alte montagne scure.
“Ecco, per tutti gli uomini di buona volontà, la più alta chiesa del mondo !”
Così pensa guardando la lucentezza della luna sulla cima dei monti. Il cielo è terso, limpido. Sembra che la guerra sia solo un incubo lontano. Sembra.
All’improvviso l’ufficiale dà l’ordine al suo attendente di svegliare i ribelli prigionieri e di condurli al suo cospetto.
“Avanti presto, uscite! Tutti fuori! Subito!”
Risuonano nella notte le grida di comando e i prigionieri si agitano: perché essere svegliati a notte fonda? L’unica spiegazione plausibile può essere la condanna a morte e la fucilazione immediata.
I ribelli obbediscono all’ordine di controvoglia e non riescono a soffocare i lamenti e le imprecazioni.
Sono schierati davanti al giovane ufficiale. Viene chiamato un interprete.
I prigionieri sono certi che stanno vivendo i loro ultimi istanti di vita.
Arriva l’interprete. Silenzio assoluto nel gelo della notte.
Il sottotenente inizia a parlare.
“Non avete nulla da temere, sarete scambiati con prigionieri italiani.
Vi ho fatto venire qui perché in questa notte di grande bellezza possiate ammirare la luna piena. Avete mai visto qualcosa di più bello?! Avete mai visto la luna così splendente e bella, così vicina come sul palmo della nostra mano?
Quando la guerra sarà finita porteremo, tra tanti lutti, il ricordo di questa bellezza, di questo silenzio, di questa pace.”
I ribelli restarono del tempo con gli occhi fissi in alto. Quanto tempo? Non lo sappiamo.
Il tempo in guerra assume un valore diverso dal tempo che scorre nella vita quotidiana.
Dopo un tempo che sembrò infinito il giovane ufficiale ordinò : “Dietro-front, march!”.
I prigionieri tornarono in prigione nei loro giacigli di fortuna.
L’ufficiale restò a lungo a rimirare la luna.
Aveva il cuore pieno di preoccupazione per gli eventi bellici che si susseguivano senza sosta.
Erano i primi giorni di settembre dell’anno 1943.
L’otto settembre era alle porte cosa sarebbe successo al tenente, ai soldati italiani, ai prigionieri?
Questa è un’altra storia. La racconteremo la prossima volta.
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