Sabato 06 Settembre 2025 | 16:38

San Raffaele, la parola al Tar. La Regione: ricoveri irregolari

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

San Raffaele, la parola al Tar. La Regione: ricoveri irregolari

La vertenza per il trasferimento alla Asl del centro di riabilitazione: «Pagati trattamenti non autorizzati, 64 pazienti tornati in ospedale»

Martedì 03 Settembre 2024, 11:58

04 Settembre 2024, 10:22

BARI - La Fondazione San Raffaele ha effettuato (e si è fatta pagare dalla Asl) anche prestazioni non previste dal contratto. E - soprattutto - dal 2022 a oggi ha visto 64 suoi pazienti nuovamente ricoverati in ospedale dopo la dimissione dalla struttura riabilitativa. Sono due degli elementi che la Regione ha portato all’attenzione del Tar di Lecce, davanti a cui stamattina si discute della conferma o meno del decreto monocratico con cui il presidente del Tribunale amministrativo ha sospeso il ritorno alla Asl della gestione del centro di Ceglie Messapica.

La questione è delicatissima anche al di là degli aspetti contrattuali. Perché la Regione (con l’avvocato Paolo Scagliola) mira a dimostrare che il centro brindisino, gestito dalla omonima fondazione (che fa capo alla famiglia Angelucci) sulla base di una sperimentazione gestionale, non garantisce più la sicurezza delle cure. La relazione di 27 pagine predisposta dal dipartimento Salute è stata trasmessa anche alla Procura di Brindisi, che ha aperto un’indagine (senza indagati né ipotesi di reato) sulla base degli esposti presentati dal consigliere Fabiano Amati. Lo stesso consigliere che a maggio ha ottenuto il «sì» alla legge 21 in cui è previsto il ritorno alla gestione diretta da parte della Asl.

La legge è stata impugnata dal governo Meloni per sospetta incostituzionalità, ma la Asl ne ha avviato l’attuazione con un provvedimento impugnato dalla Fondazione (quello di cui si discute oggi). Nel frattempo, sulla base di un’altra relazione ispettiva che rileva «la carenza di personale sanitario (in particolare di medici specialisti in Fisiatria e in Neurologia) tale da ritenere insussistenti i requisiti organizzativi», il 20 agosto la Asl di Brindisi ha approvato un piano di «messa in sicurezza» del centro con la nomina di un nuovo direttore sanitario e l’avvio del trasferimento dei pazienti in altre strutture: pure quel piano è stato impugnato e sospeso con decreto monocratico del Tar di Lecce.

E infatti la Fondazione (avvocati Gianluigi Pellegrino, Andrea Zoppini, Giorgio Vercillo e Giulia Boldi) chiede che la discussione venga affrontata non oggi ma il 18, quando si dovrà parlare del secondo decreto cautelare, e vuole dunque la proroga del primo decreto per altre due settimane. Valorizza poi il fatto che - per oltre 20 anni - il centro ha lavorato senza alcun tipo di contestazione da parte della Asl «e con pacifico beneficio per l’utenza ed eccellenza di prestazioni»: viceversa la Asl - secondo la Fondazione - non avrebbe i mezzi per garantire la gestione pubblica del centro.

Ma il nodo è rappresentato dalla relazione del Dipartimento, che tratteggia un quadro allarmante e soprattutto fa intravedere specifiche responsabilità della Asl di Brindisi nel non aver mai controllato ciò che avveniva nella Fondazione. L’attività di riabilitazione intensiva (il «codice 56») ha infatti fatto registrare un tasso di occupazione dei posti letto del 187%: significa quasi due pazienti al giorno per ciascuno dei 36 letti. «I ricoveri effettuati in regime di day ospital, che superano abbondantemente il tasso di occupazione», scrive il Dipartimento, «afferiscono a pazienti e discipline non accreditate». Eppure nel 2023 la Asl ha pagato 1,3 milioni per «prestazioni riconducibili a pazienti pediatrici affetti da autismo, sindrome di Down nonché a pazienti adulti con patologie non sempre riconducibili» alla riabilitazione intensiva post-ricovero.

Tra 2022 e 2023 nel centro si sono verificati 30 decessi. Ma soprattutto è emerso che (2023) 64 pazienti dopo il ricovero al San Raffaele sono dovuti tornare in ospedale, per un costo di 1,7 milioni, per via di varie patologie tra cui anche la setticemia. Sia la Regione che la Asl (avvocato Michele Dionigi) insistono poi sul fatto che il centro di Ceglie non è una struttura privata, ma va considerato a tutti gli effetti una articolazione del «Perrino» di Brindisi, e fa notare che i termini del contratto di sperimentazione gestionale con la Fondazione «risulterebbero abbondantemente spirati, non potendosi ritenere condivisibili rinnovi automatici e proroghe sine die». Volendo dire, con questo, che pure l’eventuale dichiarazione di incostituzionalità della legge 21 non impedirà di riportare il centro alla gestione diretta della Asl.

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