Vecchie liti dalla ribalta a Brindisi.
Sulla scia dell’emergenza energetica nazionale causata dall’invasione russa dell’Ucraina si riaccende anche la vecchia guerra tra favorevoli e contrari al rigasificatore. Un tema che torna ad essere materia di scontro per la politica locale dopo che il governo Draghi ha espresso la possibilità di attivare al largo di Brindisi uno dei due rigassificatori off-shore ritenuti indispensabili per avviare un percorso di riduzione della dipendenza italiana dai paesi esteri, in materia di approvvigionamento di energia.
Il sindaco Riccardo Rossi liquida la questione con un laconico ed emblematico «No grazie, Brindisi ha già dato», riferendosi evidentemente ai decenni di tensioni vissute sul territorio per la presenza, oltre al petrolchimico, di due grosse centrali a carbone (la vecchia Brindisi Nord e la più recente e più grossa centrale di Cerano) in un costante iato sociale fra le legittime esigenze di sviluppo e occupazione da un lato ed alcuni devastanti effetti sulla salute e sull’ambiente legati a produzioni così massive ed inquinanti. Proprio l’aver già dato su questi fronti, già nei primi anni 2000, spinse le amministrazioni e buona parte della cittadinanza ad opporsi al rigasificatore della Lng-British «perché sebbene non inquinante - si disse - l’ubicazione scelta (Capo bianco-ndr) è troppo vicina all’area urbana per un isediamento classificato come “alto rischio di incidente rilevante”, anche per le sue dimensioni che - secondo il progetto dell’epoca - avrebbero consentito di ospitare fino 160mila metri cubi di gas nei serbatoi».
Oggi la questione si pone in un contesto mutato e in termini diversi, se non altro perché l’impianto insisterebbe al largo (off-shore) e non avrebbe analoga potenza e potenziale impatto.
Ma il tema resta divisivo: «Sarebbe interessante capire esattamente quando i cittadini di Brindisi avrebbero abdicato al proprio diritto di scelta sul futuro della Città, consegnandolo, senza diritto di ripensamento alcuno, nelle mani del sindaco Rossi»: è quanto afferma il coordinamento locale di «C-entra il futuro» - associazione regionale promossa da 6 consiglieri regionali con intesta il fasanese Fabiano Amati - proprio in merito al diniego preliminarmente espresso dal sindaco Rossi rispetto alle ipotesi del Governo. «Il Paese è alle prese con un’emergenza energetica, importante e strutturale, che impone riflessioni, studi ed approfondimenti commisurati all’importanza del momento e qui in Città - fanno sapere da “C-entra il futuro” - rimbombano sempre i soliti no. Sordi e strumentali, come quelli di 15 anni fa. La questione della “rigassificazione” è di tremenda attualità, non solo a Brindisi, ma in tutta Europa. È una questione che è, essa stessa, portante di quel processo di “transizione energetica” che l’Italia e l’Europa hanno sposato consapevolmente».
Da qui la domanda retorica e sarcastica posta dall’associazione: «Ci chiediamo, incuriositi, quale sia il modello di politica energetica che hanno in mente il sindaco Rossi e la sua Giunta. Chiediamo loro di condividerlo, con i brindisini e con le istituzioni europee», dice tra le tante altre cose C-entra il futuro, aggiungendo: «Chiediamo al sindaco Rossi di “uscire dal Palazzo” e di iniziare ad ascoltare la voce della Città, che mai ha rinunciato al proprio diritto di decidere del suo futuro».
Altrettanto critica la posizione di Confimpreseitalia Brindisi, che attraverso il suo presidente Paolo Taurino, tra le altre cose, evidenzia: I sindaci di Brindisi e Taranto continuano ad opporsi agli investimenti legati al gas mentre la Germania stanzia 3 miliardi di euro per acquistare terminali galleggianti». Posizioni che secondo Taurino «negano al territorio occasioni occupazionali concrete», ragion er cui «è ora di smetterla - conclude - con la politica del rancore e delle élite, perché questo è quanto di più tossico si possa respirare in città».