BRINDISI - «Schiavitù» del terzo millenio, ovvero quella di un pastore gambiano costretto a lavorare per 1,5 euro all’ora e a vivere in condizioni di estremo degrado: il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brindisi ha convalidato l’arresto, operato dai carabinieri, di Adriano Vitale (51 anni) e Patrizia Carrozzo (37 anni) e ha applicato ad entrambi una misura cautelare.
L’accusa. I due indagati, in concorso tra loro, hanno reclutato ed utilizzato un 20enne del Gambia, rispettivamente Patrizia Carrozzo nella qualità di titolare dell’impresa agricola individuale avente ad oggetto l’allevamento di ovini, e Adriano Vitale, quale effettivo titolare del potere direttivo sulla manodopera. A Vitale viene contestato di aver reclutato in qualità di addetto alla custodia degli animali con compenso irrisorio dal maggio 2018 il giovane 20enne originario del Gambia, facendogli credere che fosse regolarmente assunto in base ad un contratto di lavoro fittizio e approfittando della ignoranza della lingua italiana, della giovane età e delle sue precarie condizioni, così occupandolo in «nero» nell’azienda, adibendolo alla mungitura, alla custodia e al pascolo degli animali. Il pastore è stato alloggiato all’interno dello stesso allevamento di ovini e sottoposto alle attività lavorative a partire dall’alba sino alla sera e senza pause, ininterrottamente a partire dal maggio 2018 e senza periodi di riposo, se non una volta la mese per il tempo necessario a consentirgli l’invio di 200/300 euro mensili alla famiglia di origine.
Al giovane non è stata fornita alcuna informazione, né presidi contro i rischi per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, corrispondendogli la somma contante di 650 euro mensili. Si tratta di una retribuzione irrisoria e, in ogni caso, notevolmente inferiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva vigente, che prevede un salario di 7,81 euro all’ora.
A seguito della convalida dell’arresto, ad Adriano Vitale, che era già sottoposto all’obbligo di dimora a seguito di altre vicende di natura penale, è stata applicata la misura coercitiva degli arresti domiciliari presso la propria abitazione, con la prescrizione di non allontanarsi senza l’autorizzazione del giudice e di non comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano. A Patrizia Carrozzo è stata applicata la misura coercitiva dell’obbligo di dimora. Il gip le ha prescritto di non allontanarsi dal comune di residenza senza aver prima chiesto e ottenuto l’autorizzazione del giudice.