Bari - I rapporti di Carlo Capristo con alcuni «facoltosi imprenditori» sono al centro delle nuove indagini della Procura di Potenza, che dopo aver mandato ai domiciliari il capo della Procura di Taranto sta approfondendo i suoi rapporti con la cricca di giudici che truccava i processi di Trani. Per questo il procuratore Francesco Curcio e il sostituto Anna Piccininni nelle ultime quarantott’ore hanno ascoltato come testimoni assistiti due dei protagonisti delle indagini di Lecce sulla giustizia svenduta a Trani, ovvero l’imprenditore Flavio D’Introno e l’ex pm Antonio Savasta, il grande accusatore e l’uomo che ha ammesso di aver preso soldi per addomesticare indagini e ora rischia 10 anni di carcere.
Al centro degli interrogatori, appunto, gli (eventuali e finora non provati) rapporti corruttivi di D’Introno e Savasta con Capristo, che ha guidato la Procura di Trani fino al 2015, anno del trasferimento a Taranto . Capristo compare infatti in uno dei primi verbali delle dichiarazioni rese da D’Introno a Lecce (poi trasmesse a Potenza dal procuratore Leonardo Leone de Castris): i buoni rapporti di Nardi con Capristo - questo ha raccontato D’Introno a Lecce - hanno consentito all’ex gip di depositare nelle mani di Savasta (ora anche lui ai domiciliari) una falsa denuncia che avrebbe potuto bloccare le cartelle esattoriali dell’imprenditore. D’Introno, tuttavia, ha sempre detto di aver avuto rapporti diretti con Savasta e Nardi, e mai con Capristo.
Sui rapporti tra Capristo e Savasta (e l’altro ex pm Luigi Scimè, anche lui accusato a Lecce di aver preso denaro da D’Introno) aveva già riferito a Potenza un collega dei due, Lucio Vaira. Il procuratore Curcio ne ha chiesto conto direttamente a Savasta, provando a capire se tra l’ex pm e il suo capo ci fossero accordi illeciti di qualche tipo: anche in questo caso, finora, non ci sono mai state né ammissioni né riscontri.
Capristo è finito ai domiciliari perché, secondo l’accusa, avrebbe mandato il proprio poliziotto di scorta a fare pressioni sulla pm tranese Silvia Curione, con l’obiettivo di far concludere una indagine per usura che avrebbe favorito tre imprenditori ritenuti amici del procuratore. Il Riesame, confermando i domiciliari, ha trasformato l’accusa da induzione indebita a concussione. Capristo la respinge fermamente, e dopo l’arresto ha presentato domanda per andare in pensione.
Tra gli atti trasmessi da Trani a Potenza c’è traccia di un procedimento per falsa testimonianza nei confronti di uno dei tre imprenditori che Capristo avrebbe favorito, Gaetano Mancazzo, che nel 2014 l’allora pm Luigi Scimè avrebbe definito con richiesta di archiviazione. La Procura di Potenza va dunque avanti in una sorta di passaggio del testimone da Lecce.
Dagli atti depositati con la chiusura delle indagini - la «Gazzetta» lo ha raccontato nei giorni scorsi - è emerso che l’indagine su Capristo era già stata aperta con la trasmissione da Lecce dei verbali di D’Introno, e aveva portato a passare al setaccio il tenore di vita dell’esperto magistrato. In particolare, adesso, gli accertamenti della Finanza e della Mobile di Potenza si starebbero concentrando - tra l’altro - sull’acquisto della villa in cui Capristo risiede e sui suoi rapporti con il costruttore che gliela ha venduta. «Le pretese “anomalie” nella gestione delle sue risorse economiche sono assolutamente inesistenti», hanno ribadito già ieri gli avvocati di Capristo, Angela Pignatari e Francesco Paolo Sisto: «Le operazioni di finanziamento, attestate da mutui stipulati - e, nel tempo addirittura rinegoziati - per l’acquisto della casa di residenza e di un secondo immobile al mare, sono perfettamente regolari e del tutto tracciate nell’atto notarile afferente il mutuo ipotecario contratto».