Papa Francesco sta bene, è già in ripresa. Così recita il bollettino ufficiale dopo l’operazione programmata per «stenosi diverticolare del sigma».
Una sindrome frequente in chi è in là con gli anni. E siamo certi che Francesco ci sorrida su, perché l’anagrafe dei nonni è impietosa, ma anche rassicurante.
Quegli «anta» sono il segno di una vita vissuta, nel corso della quale gli acciacchi si affastellano e talvolta si corre qualche rischio di troppo. Ma lui è già abituato a convivere con il dolore della sciatalgia che lo accompagna e talvolta lo perseguita, costringendolo persino a rinunciare, ma solo in casi estremi, ai doveri del suo ufficio.
Eppure, anche in chi scrive, la notizia del ricovero improvviso al Gemelli, l’ospedale del Papa, ha subito suscitato un motivo di preoccupazione. Francesco, infatti, occupa spesso lo spazio delle nostre giornate. Si affaccia con frequenza dagli schermi televisivi e soprattutto con il suo linguaggio diretto e senza veli, dà sempre l’impressione di essere uno di noi che saluta con il «buongiorno» e augura «buon pranzo».
Anzi, per dirla tutta, è di quelli che viaggiano in utilitaria, usano parole semplici anche per concetti complicati, non ha un segretario che gli porti la borsa da viaggio (per la precisione una vecchia cartella consumata da professore) perché preferisce fare da sé, vive a Casa Santa Marta e non nell’appartamento pontificio che utilizza solo per affacciarsi alla finestra per l’Angelus, non fa vacanze (non le ha mai fatte), trascorre nelle sue stanze il tempo libero delle ferie. E quest’anno l’operazione e il ricovero sottraggono anche sette giorni a questo tempo di riposo.
Eppure, quest’uomo che vuole apparire normale è pur sempre il Papa. E il suo corpo e il suo benessere ci stanno a cuore, la sua condizione fisica è importante. Per miliardi di persone, credenti e non credenti, sapere che gode di buona salute è una rassicurazione sul procedere dei giorni. E per chi crede rappresenta la certezza che non verrà meno la guida di quella comunità speciale di donne e di uomini che è la Chiesa cattolica.
Il corpo di un leader è questione che ci riguarda perché le sue scelte, i suoi gesti e le sue parole pesano. E contano nella vita dei credenti e spesso anche in quelle dei non credenti. Basti pensare alle sue iniziative per la pace e al ruolo di consolatore universale rivestito durante la pandemia del Covid.
Gli antropologi hanno indagato sul culto del corpo del Principe. A sentirsi dare del Principe immaginiamo che Francesco inorridirebbe e ci sgriderebbe alla sua maniera. Tutto… ma non Principe per un Papa che ha scelto il profilo di Francesco. Proprio il Santo di Assisi che, a suo modo, rappresenta l’icona del corpo del povero a imitazione del suo Maestro, il più povero fra i poveri. Un corpo denudato e spogliato in perfetta sintonia con la natura, con «sorella acqua e fratello fuoco». Un’icona che ha consegnato all’uomo moderno la consapevolezza del corpo come tabernacolo che custodisce l’umanità intera.
Dunque, non si tratta di assecondare una curiosità morbosa sul corpo del potente, quanto di cogliere l’occasione per capire quanto quell’uomo fatto Papa possa contare per ciascuno di noi. Quanto possa darci una mano a vivere più serenamente. Quanto sia capace di accompagnare con discrezione e rispetto il cammino dell’umanità.
Saperlo lì, nelle camere riservate dal Gemelli al Papa, è in fondo un’ennesima prova di normalità. Insomma, nulla di eccezionale. Al policlinico è arrivato in auto, praticamente da solo e senza enfasi alcuna. Immaginiamo che continuerà a vivere così, in semplicità. E tornerà in Vaticano senza squilli di tromba. Paradossale, certo, per un tempo assetato di immagini e forse nostalgico di Principi. Ma non è il suo caso.