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Crollo di nascite, brutto segno (senza fiducia addio rinascita)

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

culle vuote, pochi neonati

Domenica 28 Marzo 2021, 15:01

Già prima della pandemia, l’Europa e, soprattutto, l’Italia erano afflitte dalla malattia più grave per lo sviluppo: la sfiducia. La fiducia è il propellente primordiale di ogni investimento economico. Senza fiducia, neanche un battaglione di cento Bill Gates riuscirebbe a costruire una casetta o una cosetta. Figuriamoci il resto.

Oggi, però, non solo il tasso di sfiducia sembra decollato come l’Apollo che dominò lo spazio, ma al suo fianco sta in orbita un altro velivolo ostile alla crescita: la cattiveria, sempre più diffusa. Per colpa del Covid, sfiducia e cattiveria volano in tandem, anzi si stanno fondendo in un binomio che non promette nulla di buono. Non lo promette in Europa, in Italia e, a ben vedere, innanzitutto nel Mezzogiorno.

Il primo ad indicare nel Fattore Sfiducia il principale scoglio sulla navigazione del Sud Italia fu il più acuto, forse, tra i meridionalisti: il lucano Giustino Fortunato (1848-1932). Un giorno, a un giovanissimo Indro Montanelli (1909-2001), che lo sfruculiava sul futuro del Mezzogiorno, il saggio Don Giustino così rispose: «Lei ha visto i nostri calanchi, quelle distese di terra gialla e arida, senza macchie di verde? Sa perché sono così? Sono così perché i pastori vi portano a pascolare le loro capre che non dànno tempo di crescere nemmeno a un filo d’erba. E sa perché i pastori gli lasciano distruggere erba e arbusti? Perché non credono in Dio. Chi non crede in Dio, non crede nel domani.

E chi non crede nel domani, non pianta alberi. Ecco, ragazzo mio, la questione meridionale».
Se, quasi un secolo fa, lamentava e paventava il deficit di fiducia (negli alberi), chissà cosa lo studioso Fortunato direbbe oggi, con il tasso di fiducia precipitato sotto i tacchi, come attesta un dato incontrovertibile, più convincente di mille dotte articolesse: il crollo demografico. Che per il presidente dell’Istat significa una sola cosa: si sta spegnendo il motore della società.

L’Italia, in materia di nascite, sta messa peggio di tutte le altre nazioni. E la Bassa Italia sta messa peggio dell’Alta Italia. Il fenomeno denatalità, in atto da tempo, si è aggravato dopo lo sbarco del Covid-19.

Paura per l’avvenire, depressione psicologica, crisi economica e altro ancora: tutto contribuisce a fermare le nascite mentre la mortalità (non solo a causa del virus) è in aumento. Nel 2020 si è registrato il minimo storico di neonati a partire dall’Unità d’Italia (1861). Nemmeno durante le due guerre mondiali si sono registrati numeri così sconfortanti.

Anzi, specie immediatamente dopo i due conflitti bellici, si verificò un balzo procreativo, che contribuì non poco al miracolo economico italiano, perché alimentato da un rinnovato collettivo spirito di fiducia nel domani. Si rischiava (lavoro e capitale) perché si nutriva fiducia.

Ora, invece, siamo punto e a capo. Con una new entry ancora più preoccupante: la cattiveria. Non c’è bisogno di scomodare sociologi, psicologi, massmediologi ed esperti vari. Anche il più distratto si accorgerebbe che l’Italia dei livori (livori) è l’unica Italia a non concedersi una pausa, manco per un caffè. È sufficiente giocare col telecomando o smanettare sul cellulare passando da social a social, per prendere atto della straripante alluvione di astiosità che invade la Rete e, quindi, l’intera società.

E da un Paese incattivito (dalla politica fino all’ultimo ufficio) che bada solo a demolire chi lavora, che bada solo a massacrare il merito, che bada solo a mortificare ogni volontà realizzativa, che bada a punire il rischio, non c’è da attendersi il paradiso prossimo venturo. Anzi, già il purgatorio sarebbe un risultato insperato.

Generosità e fiducia sono due ingredienti della medesima pietanza. Cui si contrappongono odio e sfiducia. Il filosofo britannico Thomas Hobbes (1588-1679), simbolo del realismo politico più crudo, cupo ed esclusivo, sosteneva che la condizione umana è, era e sarà sempre la seguente: bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti) e homo homini lupus (ogni uomo è lupo per l’altro uomo). Di qui la necessità di un Leviatano in grado di mettere ordine e assicurare la pace all’interno di una nazione.

La penserà assai diversamente da Hobbes il fondatore della scienza economica moderna, lo scozzese Adam Smith (1723-1790). Per Smith non è vero che l’uomo sia lupo per l’altro uomo. Se così fosse, se cioè avesse ragione Hobbes, non ci sarebbe cooperazione economica, dal momento che la cooperazione economica si fonda preliminarmente su un lievito di nome fiducia. Senza fiducia reciproca, addio transazioni, addio affari, addio mercato, addio progresso.

Chi si fiderebbe di inviare la propria merce a un signore sconosciuto, distante migliaia di chilometri; a un destinatario che il mittente non vedrà mai in presenza, ma solo ex remoto, per dirla col linguaggio odierno? Se c’è stata e se c’è fiducia, significa - insegna Smith - che l’uomo non è affatto un essere spietato e solitario, semmai un essere buono e votato alla socialità, senza la quale si autodistruggerebbe non soltanto sul piano psicologico.

Non vuole essere un verdetto salomonico, ma la storia dimostra che hanno avuto ragione sia Hobbes sia Smith. Non tutti gli uomini sono demoni, non tutti gli uomini sono angeli. Semmai è una questione di percentuali, anche se questa notazione oggi non appare così consolante.

Se finora le due scuole di pensiero riconducibili a Hobbes e Smith potevano dividersi fifty-fifty i favori e le linee di condotta dell’umanità, adesso il pendolo oscilla di più, purtroppo, verso l’autore del Leviatano, come rivelano le risse permanenti sulla Rete, la conflittualità endemica nel sistema politico, il distanziamento dal rischio e la sfiducia nell’avvenire, così come viene avvalorata dal crollo del numero dei bebè.

E pensare che, Draghi o non Draghi, senza fiducia non c’è Recovery Plan che tenga. Senza fiducia la prospettiva del flop degli aiuti anti-Covid è più sicura della benedizione domenicale da parte del Pontefice, in piazza San Pietro.

Ovviamente, l’obiettivo fiducia va ricercato e riconquistato soprattutto al Sud, come, sotto sotto, indicava e auspicava Giustino Fortunato. Ci vorrebbe una classe dirigente all’altezza: a livello politico, a livello finanziario, a livello associativo. Ci vorrebbe pure una società civile altrettanto motivata ed evoluta. Dove sta? Se c’è, batta un colpo, anche se temiamo che, adesso, i nipotini di Hobbes siano assai più numerosi dei nipotini di Smith. Don Giustino aveva capito tutto.
Giuseppe De Tomaso
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