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La decisione
Enrica Simonetti
14 Gennaio 2021
Una Puglia capitale è un sogno. Anzi: due, tre sogni in uno, visto che a candidarsi per il titolo di Capitale italiana della cultura ci sono Bari e Taranto con la Grecìa Salentina. Il meridionale è disfattista di natura e non è raro in questi giorni sentir circolare la frase depressiva «E dove sta da noi la cultura...».
Bene, proprio questo è il motivo per il quale sarebbe bello poter «vincere» il titolo. Anche se non vorremmo un titolo e basta, ma un percorso grandioso e durevole del quale tutti i cittadini potrebbero beneficiare.
Vediamo in che modo e facciamolo partendo dalla risposta a un quesito semplice ma non unanime: cosa vuol dire diventare Capitale? In questi tempi amari di virus e di chiusure, sognare la Capitale italiana della Cultura significa veder nascere i progetti che in questi mesi sono stati studiati e preparati: mostre, incontri internazionali, iniziative, turismo. In soldoni, un milione di euro che dal Ministero della cultura arriva dritto alla città vincitrice. E non solo soldi, perché dalla Puglia c'è una buona notizia in più e cioè il «legame» che Bari e Taranto hanno sottoscritto, praticamente fidanzandosi con un protocollo d'intesa che sarà valido anche se le due città non dovessero vincere. E sapete che significa? Che finalmente si potrebbe creare, comunque vada, quella sinergia che - in un mondo individualista come quello che viviamo – è risorsa preziosa.
Ieri è stato sottoscritto questo accordo, definito dal presidente della Puglia, Emiliano, «una bellissima pagina per la nostra regione». Non «duellanti» quindi, ma città affiancate, Bari con il suo sindaco Antonio Decaro e Taranto con il primo cittadino Rinaldo Melucci, con la regia dell'assessore regionale Massimo Bray, sono pronte al countdown. Oggi l'audizione pubblica con gli esperti Mibact, commissione presieduta da Stefano Baia Curioni e i dossier sono da tempo pronti a prendere il largo e a rovesciare idee, programmi e volontà comuni sui tavoli ministeriali. Lunedì 18 è atteso il verdetto, mentre sul web si riversano video e interviste, testimonianze e ritratti, spot e nomi noti a far da testimonial.
Al di là dello «spottismo», vediamo invece cosa propongono in realtà le candidate pugliesi, quale sguardo abbiano preferito lanciare. Bari e l'infinito orizzonte mediterraneo, con quella «impazienza irrequieta» che sottolinea mirabilmente il professor Franco Cassano. Bari levantina e internazionale anche per il culto nicolaiano declinato con le parole archetipo «sacro», «luce», «Oriente», «mare», «dialogo», «femminile» (quest'ultima, finalmente!) e con uno slogan «La cultura vien dal mare» che promette una visione aperta e laboriosa, come lo sono gli uomini di mare. Un buon vento globale, con tante novità, che vanno dalle mostre attese alla Fiera del Libro, progetto di cui parlerà oggi al Mibact lo scrittore barese Nicola Lagioia e che quindi nasce in sintonia con il modello del Salone del Libro di Torino. E poi, il cinema (Bif&st) e un corteo storico che, annuncia l'assessore barese Ines Pierucci, sarà nuovo e unico nel 2022. O il Petruzzelli, la cui rinnovata storia – a trent'anni dall'incendio – sarà raccontata dal sovrintendente Massimo Biscardi.
Impossibile sintetizzare in poche righe tutta la mole di idee che, speriamo, saranno realizzate e che ora nelle città chiuse alle 22 per il coprifuoco sembrano miraggi da intravedere oltre il post-virus, oltre le uscite per la spesa e l'oblìo dei teatri chiusi, degli artisti sintonizzati sul web o in lacrime per la crisi. E sembra quasi veder parafrasare Neruda, per il quale «nascere non basta, è per rinascere che siamo nati».
Speranze, indipendenze, anche dubbi, perché quelli sono sacri come lo è la cultura, il nostro salvagente naturale.
Taranto ha scelto un titolo (che purtroppo molti chiamano claim!), «La cultura cambia il clima». Uno slogan che guarda alla sostenibilità e anche al futuro della città del gigante d'acciaio. Messaggio condiviso con l’alleata Grecìa salentina, nel senso del respiro culturale della zona, del suo passato e della rinascita: si citano la città greca, quella dell’età medievale, il dominio bizantino ed il Principato di Taranto, il Regno di Napoli e la restaurazione borbonica, la Taranto moderna innovativa e tecnologica. E poi il MarTa (che proprio in questi giorni appare su TikTok) e la «resilienza» della città, la cui luce meravigliosa – provate a passeggiare tra il mare e la città vecchia – è stata oscurata nel tempo dalle nubi e dalle polveri.
Ma la bellezza resiste. E resiste in una Puglia che vorrebbe conquistare un titolo su cui costruire ancora. Come si è fatto a Matera, capitale europea dalla quale è partita l'idea del ministro Franceschini di creare anche il sistema delle capitali italiane: era il 2014 e nel 2015 fu designata Lecce. Sempre nel cuore di un Sud che non è un marchio da esportare ma un respiro del mondo, una meta interiore, una ricerca infinita.
Capitale o no... capitalizziamo le nostre forze e le nostre debolezze, coscienti del fatto che la perfezione non esiste ma che – altro che disfattismo! – l'amore per ciò che abbiamo attorno a noi è l'unica perfezione reale.
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