Digitale, istruzione, mobilità sostenibile, rivoluzione verde, equità, salute. Le linee guida del governo per spendere i 209 miliardi del Recovery Fund europeo, di cui il 32% secondo il segretario “dem” Nicola Zingaretti o la metà secondo la Svimez dovrebbero essere destinati al Sud, contemplano 6 “missioni” per 6 obiettivi strategici che possono cambiare il futuro dell’Italia e di tutti noi. Naturalmente, dipenderà da come i fondi verranno utilizzati se questo non diventerà un altro “libro dei sogni”, in quella biblioteca delle illusioni e delusioni che hanno frustrato la popolazione del Mezzogiorno dall’Unità a oggi.
Questa volta, però, si possono registrare con un cauto ottimismo due differenze sostanziali rispetto al più recente passato. La prima è che, in questa occasione storica e irripetibile, il governo giallo-rosso si gioca il tutto per tutto: la propria sopravvivenza e la ripresa nazionale. La seconda differenza è che l’Unione europea non erogherà a pioggia i finanziamenti, 82 miliardi di euro a fondo perduto e 127 in prestiti, bensì in base a progetti definiti e in rapporto allo stato di avanzamento dei lavori, come fa una banca nei confronti di un’impresa edile. C’è perciò la ragionevole speranza che l’Italia non perda il treno con la storia. Sarebbe un tradimento delle generazioni future, sulle quali ricadrà per la maggior parte il peso di un maxi-debito da saldare.
Smaltita la sbornia elettorale e referendaria, sarà bene perciò che maggioranza e opposizione si siedano intorno a un tavolo, per condividere i progetti e fare in modo che vengano effettivamente realizzati nei tempi previsti. Altrimenti, nessuno potrà essere sicuro di uscirne indenne. Né il centrosinistra, se non sarà all’altezza della situazione; e neppure il centrodestra, se giocherà al tanto peggio tanto meglio. Né il Nord né il Sud, se non saranno capaci nell’interesse comune di ridurre il “gap” che li divide per recuperare uno spirito di coesione nazionale.
Per raggiungere questo risultato, non è necessario un “governo di tutti” che - nella situazione data – diventerebbe probabilmente un governo di tutti e di nessuno. Da qui alla scadenza naturale della legislatura, ognuno dovrà fare la propria parte con uno slancio di responsabilità e generosità. Saranno poi gli elettori a giudicare i meriti e i demeriti, assegnando nelle urne delle prossime politiche il proprio voto a chi se lo sarà meritato.
La lista delle 6 “missioni” indicate dal governo coincide sostanzialmente con gli interventi strategici di cui il Paese ha bisogno. Ma i singoli titoli vanno riempiti di contenuti, di progetti concreti, di cifre e di scadenze perché non diventino 6 scatole vuote. Sta al governo, e in particolare al presidente Conte, il compito di avviare e portare avanti alla luce del sole un confronto il più possibile costruttivo, tenendo conto delle proposte e delle richieste avanzate dall’opposizione. E sta all’opposizione parteciparvi con la disponibilità a trovare le soluzioni più giuste, piuttosto che con la riserva mentale di far saltare il banco.
Nessuno è così ingenuo da pensare che le divergenze o i contrasti si possano annullare da un giorno all’altro. Ma occorre da entrambe le parti uno sforzo per cercare di superarli e ricomporli nell’interesse generale. Prendiamo il caso della rivoluzione digitale che passa attraverso la banda ultra-larga per disporre di un Internet più veloce e potente. Se la rete unica nazionale deve coincidere con gli interessi di Mediaset (e di Forza Italia), è un conto; se deve soddisfare l’interesse generale, è un altro.
Oppure, prendiamo il caso della salute, un tema che riguarda direttamente ciascuno di noi. Se i 37 miliardi di prestiti a tassi minimi messi a disposizione dal Meccanismo europeo di stabilità per riformare il nostro sistema sanitario si possono aggiungere ai fondi del Recovery Fund, allora il Mes non deve diventare un feticcio intorno a cui litigare fra maggioranza e minoranza né tantomeno all’interno della stessa coalizione, fra Pd e Cinquestelle. Si vada in Parlamento e si decida in forza del principio di maggioranza, anche se questa risultasse trasversale.
Sono soltanto due esempi, ma possono ispirare un metodo di governo per superare la crisi economico-sociale più grave dal dopoguerra. Gli italiani sono stanchi di assistere ogni giorno a una rissa mediatica fra opposte fazioni. Questo logora l’esecutivo e alimenta il distacco fra Paese legale e Paese reale. Ma, ciò che è peggio, esaspera la comunità nazionale soffiando sul fuoco della tensione e della rabbia sociale.