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Bari, i tentacoli dei clan sulle imprese in difficoltà

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Bari, i tentacoli dei clan sulle imprese in difficoltà

L’emergenza sanitaria sta solleticando gli appetiti della criminalità organizzata pronta ad approfittare della crisi di liquidità provocata dalle difficoltà legate al virus

Martedì 21 Luglio 2020, 17:05

BARI - Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese lo aveva annunciato in tempi non sospetti, ribadendo più volte la tesi. Dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Volpe che a fine agosto andarà in pensione, giunge l’ulteriore conferma: l’emergenza sanitaria sta solleticando gli appetiti della criminalità organizzata pronta ad approfittare della crisi di liquidità provocata dalle difficoltà legate al virus. Spalancando drammaticamente la porta dell’inquinamento dell’economia sana da parte di quella illegale.

Un pericolosissimo punto di non ritorno da esorcizzare. Dalla filiera agroalimentare (non è un caso l’accenno del Procuratore Volpe nell’intervista alla «Gazzetta») al turismo, i tentacoli di una mafia che guarda sempre più agli affari leciti gestiti con soldi sporchi, dalla droga alle estorsioni, si allungano. E le attività di prevenzione e repressione non sono affatto semplici da predisporre e mettere in pratica. Vuoi perché spesso le modalità delle mafie non sono eclatanti, visibili e sfacciate come una sparatoria per strada. Vuoi perché i mezzi a disposizione degli investigatori non sono sempre all’altezza del gravoso compito di chi è chiamato a indagare certi fenomeni e disinnescare certi ordigni.

Se da oltre 20 anni la Giustizia barese cerca ancora casa, se gli uffici inquirenti devono fare i conti con le croniche carenze di personale, tra le priorità di una agenda di governo che si rispetti non può non esserci come trovare le risorse indispensabili perché la macchina Giustizia funzioni al meglio. Troppo spesso, forse, c’è qualcuno che confida nello spirito di sacrificio, nell’abnegazione e nella dedizione della polizia giudiziaria. Di fronte a una criminalità sempre più organizzata e affarista, bisogna reagire con un rafforzamento e potenziamento di un’altra organizzazione, sulla carta più potente, quella legale. Non ci sono altre soluzioni. E senza «rilassarsi» confidando nel fatto che il tessuto economico pugliese, rispetto ad altre realtà del Mezzogiorno, certamente più solido, solo per questo sarebbe meno permeabile.

Non è affatto così. Del resto, il rischio infiltrazioni criminali nell’economia sana è come il virus: è invisibile, ma c’è e può fare molto male. Per questo diventa «fondamentale l’azione di prevenzione e contrasto dei tentativi della criminalità organizzata di penetrare il tessuto produttivo», per dirla con le parole del ministro Lamorgese lanciate ormai qualche settimana fa. Per non parlare del rischio usura di «prossimità» in cui l’aguzzino presenta il volto rassicurante del vicino di casa prima di togliere la maschera e rivelarsi per ciò che è. Il «Metodo Bari» di cui parla Volpe funziona. Servono però solo più strumenti e risorse per applicarlo al meglio.

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