I punti essenziali toccati dal piano Colao presentato al Governo si concentrano in tre settori. Il primo riguarda il necessario rafforzamento patrimoniale delle nostre imprese, per un loro respiro più internazionale e una dimensione di scala che non sia basata sulla esile struttura territoriale ed organizzativa oggi diffusa in Italia. Il secondo affronta il problema della semplificazione fiscale per dare stabilità ad un sistema, costituito da una congerie di norme senza collegamento e senza una finalità ben individuata, da fondarsi sulla cooperazione con il contribuente.
Il terzo è quello relativo all’innovazione tecnologica delle imprese stesse. Il primo ed il terzo punto sono quelli che meritano una attenzione più profonda per le conseguenze che si possono intravedere. Le domande che dovremmo porci sono le seguenti. E’ davvero possibile che la capitalizzazione delle imprese possa basarsi solo su strumenti fiscali e non anche su un maggiore ricorso al mercato? Si può pensare che l’allargamento della base azionaria delle imprese debba essere alimentato solo da un improprio uso del canale bancario che in Italia è fortemente impegnato a finanziare le transazioni commerciali? Davvero crediamo che l’economia moderna possa fare a meno dell’ausilio del mercato finanziario e pensare che le sfide economiche dinanzi a noi, possano essere risolte con la banca tradizionale e soprattutto con il controllo familiare delle imprese?
Innovazione. Come potrebbe essere possibile finanziare l’innovazione tecnologica, che aumenta esponenzialmente, con il solo ricorso alle risorse finanziarie della “famiglia” di riferimento senza l’accettazione della perdita di controllo proprietario sull’azienda, conseguente alla apertura verso il mercato? Come pretendere che un sistema bancario, specializzato nel finanziamento delle transazioni commerciali, possa farsi carico di valutare progetti innovativi nel settore tecnologico che ovviamente presentano profili di rischiosità molto maggiori di quelli tradizionali? Possiamo essere fiduciosi che le sfide di fondo della economia moderna possano essere fatte senza l’ausilio importante delle banche di investimento? E per concludere, perché c’è una ostilità così profonda per il mercato finanziario e per le banche di investimento? Tutte queste domande non servono a mettere in dubbio l’importanza della tradizionale banca commerciale che pure ha un suo ruolo ben definito ed insostituibile. Il punto è che questa visione non basta a soddisfare la domanda finanziaria che preme per diverse soluzioni.
Agevolare ed incentivare la trasformazione tecnologica richiede valutazioni di progetti e di competenze che esulano dalla valutazione semplicemente commerciale. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo necessariamente usare altri strumenti ed altre competenze finanziarie, ingegneristiche, organizzative e cognitive che sono molto al di là della struttura della banca commerciale tradizionale. Se a questa visione aggiungiamo la caparbietà con cui si è difeso il sistema cooperativistico finanziario e il “voto capitario”, insieme alla diffidenza culturale che la gente ha quando deve affrontare un qualsiasi problema finanziario, si potrà comprendere la distanza abissale che abbiamo nei confronti di altri Paesi.
Nel mondo finanziario, dal momento che i rischi vanno assunti con la partecipazione diretta e proporzionale al capitale, è essenziale preservare un concetto che è fondamentale: una azienda con capitale raccolto sul mercato deve essere contendibile. Questo significa che gli azionisti devono avere il potere di cambiare il management se questo non remunera adeguatamente il capitale, gli obbligazionisti, i suoi fornitori ed i suoi dipendenti, assumendosi la responsabilità della decisione.
Se una azienda non ha la caratteristica della contendibilità, quella perde valore ed interesse da parte del mercato perché appunto i meccanismi di sostituzione del management non possono essere applicati. Avere trasformato un gran parte del mondo delle banche popolari, che avevano una non trascurabile dimensione aziendale in società per azioni, ha modificato profondamente il nostro sistema finanziario. I risultati si sono visti in gran numero. E non si sono fermati al mondo bancario.
In questi giorni la Cattolica Assicurazioni, ha accettato di trasformare il suo statuto di società cooperativa in quella per azioni.
Valutazione. Tale scelta deriva dal fatto che per le assicurazioni come per le banche e le imprese, il capitale è essenziale nella valutazione dei rischi aziendali.
Le aziende patrimonialmente più solide saranno quelle che potranno sopravvivere agli incerti del rischio ed alle valutazioni dei regolatori. E per aumentare il capitale è necessario permettere l’ingresso di nuovi soci che possano rafforzare la società. Infatti, nel caso Cattolica, le Assicurazioni Generali stanno per diventare il primo azionista di riferimento. La contendibilità della Cattolica Assicurazioni, con la trasformazione in s.p.a. ha avuto un effetto finanziario immediato. Il titolo ha segnato, nei primi giorni della notizia, un aumento del 38% perché adesso quella società è scalabile e contendibile per gli investitori. Dal momento che è sempre più urgente la valutazione oggettiva dei rischi con una richiesta di sempre maggiore capitale per fronteggiarlo, è evidente che le carenze patrimoniali sono la causa principale delle trasformazioni in atto. Accettare le regole del mondo finanziario è importante se vogliamo fare progressi nel mondo dell’economia. Il paradosso è che in passato, il commercio e la finanza erano una prerogativa italiana con la nascita dei banchieri, degli strumenti finanziari e con il successo delle Repubbliche marinare come Venezia e Genova. Perché non copiare quel successo?