L’impressione generale che si ricava dall’ultimo decreto governativo che dovrebbe “rilanciare” l’economia italiana bloccata dalla pandemia, è quella di una visione ancora confusa e bloccata dalle pregiudiziali ideologiche che sono divenute una costante nella vita politica ed economica. La manovra decisa dal Governo riguarda risorse equivalenti pari ad un decimo del bilancio dello Stato. Non si può evidentemente chiedere alla politica italiana ed alla sua burocrazia una inversione radicale della rotta fino ad oggi seguita, ma certamente le speranze di una inversione si sono affievolite.
Siamo un Paese bloccato dalle stesse nostre leggi. Non abbiamo ancora capito che la legge non è la legislazione e che quest’ultima, più che regolare come vorrebbe in dettaglio i nostri comportamenti quotidiani, li ingabbia in un labirinto da cui è poi impossibile uscire. Le leggi per definizione non possono che essere astratte perché devono fornire regole, indicazioni di carattere generale e non minuziose indicazioni sui nostri comportamenti quotidiani. Sarebbe impossibile per una qualsiasi mente umana, oltre che fondamentalmente pericoloso per le nostre libertà, un obiettivo del genere. Ebbene, noi continuiamo ad insistere sui dettagli che il Parlamento, il Governo o qualsiasi Autorità impone con la sua “legislazione” pretendendo di regolamentare in dettaglio la nostra vita quotidiana. Il decreto legge preparato l’altro ieri dal Governo, è composto da 256 articoli che riempiono ben 495 pagine. Ma quanti italiani davvero leggeranno queste pagine e persino i tecnici, gli addetti ai lavori saranno mai così enciclopedici da assorbire questo diluvio di disposizioni approvate?
E comunque, si crede davvero che in questo modo la democrazia possa sopravvivere alle sfide future? Se questo non basta, sarà sufficiente riflettere sulle centinaia di norme disparate sulle materie di bilancio, milleproroghe, decreto fiscale e cura Italia, che sono oggi discusse nel nostro Parlamento. E’ questo il modo di difendere lo Stato di diritto o la sua umiliazione? Come poi meravigliarsi che tutti si lamentino della invadente burocrazia se si accetta in principio che questa debba regnare sovrana con le sue regole che non decidono? Siamo al paradosso che le norme delle nostre Autorità non sono rispettate nemmeno dagli enti pubblici che dovrebbero essere i primi ad osservale. La proliferazione delle Autorità che debbono intervenire nel processo decisionale pubblico e privato, blocca alla radice qualsiasi responsabilità dei burocrati. Ma senza responsabilità non è possibile avere la libertà ed una efficiente e trasparente amministrazione pubblica che dovrebbe avere il coraggio delle sue scelte. Un ulteriore macigno sulla strada della efficienza e responsabilità è la selva dei controlli preventivi che blocca l’esecutività del potere stesso paralizzando tutta la sua azione. Tutti questi drammi reali sono venuti al pettine con la pandemia, mostrando la fragilità della nostra struttura pubblica, politica ed amministrativa. I dati economici che dovrebbero fare riflettere, sono impietosi. La produzione italiana a marzo 2020 ha registrato rispetto a Marzio 2019 una diminuzione della produzione del 29%. In Germania è stata del 14%, in Francia del 16% ed in Spagna del 12%. Il tessile abbigliamento ha perso in Italia il 51% della produzione, quello della produzione dei veicoli il 55% contro il 37% della Germania e ed 47% della Francia.
Burocrazia - Tutto il settore della meccanica che è il nostro settore importante per le esportazioni, ha registrato una diminuzione della produzione del 40% contro il 31% della Francia ed il 16% della Germania. Ebbene, dinanzi a questo dramma l’azione della politica sembra ancora quella degli “interventi a pioggia”, degli aiuti mirati a questo o quel settore senza una logica precisa destinata ad aumentare gli investimenti , la produttività e soprattutto la diminuzione della burocrazia che ci strangola ogni giorno. La funzione che i maggiorenti della politica hanno ancora per lo Stato è quella del “redistributore “, dell’intermediario finanziario che, secondo taluni consiglieri economici come la Mazzucato , pretendono un ruolo decisivo dello Stato nell’economia con una precisa voglia di statalizzazione di tutto il sistema. Non vogliono capire che l’aumento della spesa pubblica deve essere provvisorio e che il tema della sostenibilità del debito rimarrà sempre decisivo in futuro per le nostre finanze, se non vogliamo fare la fine dell’Argentina o del Venezuela.
Dovremmo, invece di insistere sulla funzione risarcitoria dello Stato, focalizzarci sulla riforma del sistema fiscale, su quello della efficienza del diritto amministrativo così come lo vediamo funzionare oggi, sulla digitalizzazione delle funzioni pubbliche, sulla formazione del personale che non sia estemporanea ma strutturale e continua nel tempo sia nelle imprese che nella amministrazione pubblica, sulla consapevolezza che la ricchezza non la crea lo Stato con i proclami e i piani di sviluppo, ma le imprese. Sono queste la forza della Nazione e il suo propellente con la sua essenziale forza economica. E soprattutto con la sburocratizzazione delle funzioni amministrative rifiutando l’idea che tutti siano corrotti e solo lo Stato sia il detentore della virtù. Invece che colpevolizzare sempre e comunque le aziende “corrotte ed egoiste nella ricerca del profitto” , dovremmo cercare di sostenerle fattivamente.Un esempio della rotta poco decisa di questo momento, è la decisione di assegnare un bonus vacanze alle famiglie, mentre non è passato il piano per l’innovazione nelle imprese. Consoliamoci con l‘approvazione della giusta regolarizzazione degli immigrati chiesta dal Ministro Bellanova.