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Nessun pasto è gratis e neppure l'informazione

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

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Martedì 24 Settembre 2019, 13:48

«Nessun pasto è gratis», scriveva e diceva l’economista Milton Friedman (1912-2006), animatore della scuola monetarista di Chicago. Friedman era un liberista-liberista e come tale era giudicato eccessivo anche dai liberisti temperati, oltre che dai suoi colleghi di estrazione keynesiana. Ma quella sua frase («Nessun pasto è gratis») è diventata, strada facendo, una «verità» condivisa da molti, se non da tutti, anche da coloro che con Friedman non avrebbero voluto discutere neppure di previsioni meteo.

«Nessun pasto è gratis» non è tanto un manifesto programmatico, è soprattutto un omaggio, un riconoscimento nei confronti del lavoro, ossia di quanti hanno reso possibile la realizzazione di un prodotto o di un servizio. continua dalla prima
Pretendere la gratuità di una merce o di una prestazione, infatti, equivale a misconoscere l’impegno profuso da quanti hanno reso possibile la loro produzione/esplicazione.

Infatti nessuno si sogna di sostenere che il principio «nessun pasto è gratis» sia una fregnaccia o uno slogan buono solo per vendere libri o lucrare un invito in tv.

Ma, chissà perché, ciò che pare assodato per un prodotto o un servizio qualsiasi, cioè che nulla può essere regalato senza l’ok del produttore (a meno che costui faccia esplicitamente volontariato e donazioni), non è assodato per il mondo dell’informazione, dove si ruba che manco nel Bronx, quando il Bronx era il Bronx. Qui, anzi, regna il Far-West assoluto. Altro che tutela del diritto d’autore, pure riconosciuto da quasi tutte le istituzioni. Altro che salvaguardia del bene, del prodotto giornale. Qui, per colpa dei pirati della Rete, assai più famelici di quelli che imperversavano sui mari, ci troviamo nella terra di nessuno. Tutti saccheggiano. Tutti si sentono in diritto di prelevare ciò che serve. Tutti si sentono in diritto di diffondere e leggere gratis i quotidiani approfittando delle opportunità concesse dai pirati che, sul web, piazzano già dopo la mezzanotte l’intera edicola che aprirà 5-6 ore più tardi.

Logico che di saccheggio in saccheggio sale il numero dei lettori che non pagano e diminuisce la pattuglia dei lettori che pagano (comprando in edicola). Il che avviene senza neppure l’ombra di un’indagine dettagliata che, perlomeno, aiuterebbe aziende editoriali e investitori pubblicitari a saperne di più sulla quantità degli acquirenti e dei lettori fantasma.

Nulla da fare. Le copie vendute calano, anche per effetto di questi corsari della Rete. Ma il numero dei lettori sommersi non si sa. Si sa solo che aumenta. Forse aumenta pure il numero dei lettori complessivi, alla luce del tam tam e del passaparola che scatenano certe pratiche predatorie. Il che rappresenta la beffa più atroce, perché incide maledettamente sui ricavi delle vendite ufficiali e delle inserzioni pubblicitarie.

Già i giornali di carta, ogni mattina, contribuiscono ai palinsesti, tramite le varie rassegne stampa, di pressoché tutte le testate televisive, cui si aggiunge la Rete che coglie, fior da fiore, il meglio da poco pubblicato. Se poi a queste parziali anticipazioni mattutine si aggiunge la pubblicazione in Rete dell’intera offerta giornalistica quotidiana, il cerchio si chiude. Di questo passo, neppure a Padre Pio, o addirittura al Padreterno, riuscirebbe il miracolo di salvare la stampa dal girone infernale in cui rischia di cadere.

Sembra un gioco a guardie e ladri, come in un film di Totò. Hai voglia a scoprire siti che rubano e regalano tutto. Per un sito che può chiudere, ce ne sono dieci che hanno sùbito aperto. Una spirale senza fine, che, però, rischia di segnare la fine delle edicole, delle redazioni e della stessa democrazia.

Si potrebbe obiettare che è inutile allarmarsi o preoccuparsi più di tanto. Pazienza se i giornali di carta dovessero sparire dalla scena. Tanto c’è l’informazione on line, c’è il web.

Scherziamo? Innanzitutto sarebbe come paragonare un libro di carta a un libro digitale. La soglia di attenzione, parola di scienziati, è assai più alta in chi legge i libri tradizionali. In secondo luogo, leggere sulla carta significa alimentare una solitudine produttiva, significa non imbattersi in distrazioni e diversivi vari che sulla Rete sono la normalità. Terzo punto, gli approfondimenti, le analisi di qualità che campeggiano sui giornali, raramente brillano sulle pagine internettiane e quando ciò avviene il più delle volte ci si trova quasi sempre davanti al trasferimento on line di un testo pubblicato sul cartaceo. E se tutto ciò è vero, come è vero, ditemi voi se i pilastri e i contrappesi democratici rappresentati dalla libera informazione sono saldi sul serio, dato che l’eutanasia dei giornali provocherebbe un ulteriore imbastardimento e declassamento della Rete.

Ecco perché bisogna fermare la pirateria dell’informazione, senza tentennamenti. Questo giornale già anni fa ha sollevato la questione. Oggi che il problema si è aggravato di brutto, si avverte una sensibilità maggiore per l’azione di contrasto. Forse è troppo tardi. O forse no. In ogni caso, istituzioni investigative e organismi giudiziari tutelino la proprietà intellettuale dai raid dei nuovi corsari. Proprio perché vale, anche per l’informazione, l’incipit di questo articolo: nessun pasto è gratis. Anche quello che la benemerita Caritas garantisce ai più bisognosi viene pagato da qualcuno.
Giuseppe De Tomaso
detomaso@gazzettamezzogiorno.it

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