Per la prima volta nella storia di questa tormentata Repubblica un partito politico guadagna consensi in maniera costante e imponente dalla successione di avvenimenti tragici, drammatici o comunque inquietanti. Perché se Silvio Berlusconi è stato un maestro nel saper scrutare il non detto della maggioranza silenziosa, Matteo Salvini lo è nell’auscultare i gorgoglii che arrivano dalla pancia profonda della gente.
Il 30 gennaio scorso, quando a Macerata lo spacciatore nigeriano Innocent Osegale uccise e fece a pezzi la diciottenne romana Pamela Mastropietro, la Lega era valutata intorno al 12 per cento. Risultato eccellente, visto che era il triplo di quanto riportato alle elezioni politiche del 2013 e il doppio delle europee del 2014.
Al momento dell’orrido delitto, la Lega era un paio di punti sotto Forza Italia. Un mese dopo, alle elezioni del 4 marzo, era tre punti sopra. In un mese aveva guadagnato cinque punti, sconvolgendo i rapporti di forza del centrodestra e consentendo la nascita – fino ad allora imprevista – del governo gialloverde.
Appena insediato al ministero dell’Interno, in giugno, Salvini ha dirottato in Spagna la nave Aquarius, ha vinto la guerra con le navi delle Organizzazioni non governative, di fatto scomparse dai radar e per due volte ha tentato di impedire lo sbarco dei migranti dalla nave «Ubaldo Diciotti» della Guardia costiera. La sua politica sull’immigrazione gli ha consentito nei tre mesi estivi di raddoppiare i consensi, oscillanti oggi tra il 32 e il 34 per cento, a spese di tutti, in particolare di Forza Italia e del Movimento Cinque Stelle, che hanno perso ciascuna fra i tre e i cinque punti. Oggi i militanti del M5s favorevoli alla politica di Salvini sui migranti sono saliti da uno a due terzi del totale. Se poi 51 migranti ospitati e rifocillati dalla Caritas e coccolati da ventimila gelati mandati dal papa se ne vanno per conto loro (ieri 16 sono stati raggiunti dalla polizia, ma poi necessariamente rilasciati, mentre altri dieci se ne sono andati da Catania), se la Magistratura di Palermo contesta al ministro il sequestro di persona aggravato per la vicenda «Diciotti» (privilegio accordato ai più pericolosi banditi dell’Aspromonte), se la magistratura genovese conferma il sequestro di tutti i soldi della Lega presenti e futuri, è evidente che una fantastica e irripetibile congiunzione astrale vuole consegnare il Paese a Salvini su un piatto d’argento.
È paradossale vedere come il cattivissimo ministro dell’Interno italiano si senta rimproverare dall’Europa perché non ha chiuso a chiave i migranti della «Diciotti». Cosa oggi vietata, ma già programmata (18 mesi per l’identificazione). E il sequestro fino a 49 milioni – seppure giuridicamente forse legittimo – lascia qualche dubbio, se non altro perché Bossi e il suo tesoriere Belsito – accusati di appropriazione indebita – sono stati condannati soltanto in primo grado. Si dice che loro abbiano speso 300mila euro. Il resto dove sta? Chi e come lo ha speso?
Forse la magistratura dovrebbe innanzitutto far luce su questo, prima di mettere in condizioni di non fare politica quella che – seppure virtualmente – oggi è la prima forza del Paese. Il problema è di capire come Salvini intenda consolidare questo patrimonio. Va considerata con favore innanzitutto la sua svolta moderata sui conti nel programma di governo: la promessa di rispettare i parametri europei è riuscita a far scendere lo spread di parecchi punti. Il centrodestra italiano forse non si romperà: basta un accordo incrociato di buonsenso tra presidenza Rai ed elezioni in Abruzzo e Basilicata. Ma la vera novità potrebbero essere i contatti con i dirigenti bavaresi del Partito popolare europeo. Loro sull’immigrazione la pensano come Salvini e chissà che non progettino qualche clamorosa alleanza al prossimo parlamento europeo. Di sorpresa in sorpresa…