Viviamo in un’epoca in cui il contatto con la natura si sta riducendo drasticamente. L’urbanizzazione crescente, la vita sempre più frenetica e l’aumento del tempo trascorso in ambienti chiusi ci allontanano progressivamente dal verde, con conseguenze che vanno ben oltre il semplice benessere psicologico. Tra gli effetti meno conosciuti ma di fondamentale importanza c’è l’impatto che questa disconnessione ha sul nostro microbiota, l’insieme di microrganismi che abitano il nostro corpo, dalla pelle all’intestino. La scienza sta dimostrando che l’esposizione agli ambienti naturali può modificare significativamente questa comunità microbica, con effetti diretti sulla salute umana.
Una revisione pubblicata su Environment International ha analizzato venti studi che indagano il legame tra natura e microbiota umano, evidenziando un dato chiaro: chi trascorre più tempo a contatto con il verde ha una maggiore diversità microbica, con un incremento fino al 20% di batteri benefici nell’intestino e una riduzione della presenza di agenti patogeni sulla pelle. Questo fenomeno si spiega attraverso la biodiversity hypothesis, secondo cui il contatto con ecosistemi ricchi di biodiversità migliora il nostro sistema immunitario, rendendoci più resistenti a infezioni e malattie infiammatorie. Gli ambienti naturali ospitano milioni di microrganismi benefici che entrano in contatto con noi attraverso l’aria, il suolo e il semplice tocco delle piante, influenzando positivamente la nostra fisiologia. Non è un caso che diversi paesi abbiano già trasformato questa consapevolezza in politiche sanitarie concrete. In Scozia, ad esempio, i medici delle Isole Shetland prescrivono passeggiate nei boschi per ridurre ansia e ipertensione, mentre in Canada il programma PaRx consente ai pazienti di accedere gratuitamente ai parchi nazionali per migliorare il benessere psicofisico. Il Giappone ha fatto dello Shinrin-yoku, il bagno di foresta, una pratica riconosciuta ufficialmente per abbassare i livelli di cortisolo e rafforzare il sistema immunitario.
Negli Stati Uniti il programma ParkRx incoraggia i medici a prescrivere attività all’aperto, mentre in Nuova Zelanda il concetto di Green Prescription è parte del sistema sanitario da oltre vent’anni. In Svezia e Norvegia, la terapia della natura è impiegata nella riabilitazione di pazienti con stress cronico e burnout, con miglioramenti significativi nel 65% dei casi. Gli effetti benefici di queste pratiche sono ampiamente documentati.
Uno studio pubblicato su Scientific Reports ha dimostrato che trascorrere almeno 120 minuti a settimana nella natura migliora il benessere psicologico e la salute fisica. Un’altra ricerca, apparsa su The Journal of Environmental Psychology, ha evidenziato che la presenza di spazi verdi riduce i livelli di cortisolo del 21%, migliorando la gestione dello stress. L’American Heart Association, invece, ha rilevato che frequentare parchi e boschi con regolarità abbassa la pressione sanguigna e riduce il rischio di malattie cardiovascolari. Eppure, in Italia, siamo ancora lontani da un approccio strutturato alla prescrizione di natura, nonostante il nostro territorio offra le condizioni ideali per sperimentarlo. La Puglia, ad esempio, con il suo straordinario patrimonio naturale che spazia dai boschi del Gargano alle distese dell’Alta Murgia, rappresenta un laboratorio perfetto per un progetto pilota. La regione ospita oltre 2.500 specie vegetali autoctone, molte delle quali con proprietà benefiche per la salute.
Studi condotti nel Parco del Gargano hanno dimostrato che l’esposizione ai paesaggi tipici della macchia mediterranea stimola il sistema nervoso parasimpatico, favorendo uno stato di rilassamento simile a quello riscontrato nelle foreste giapponesi dello Shinrin-yoku. Inoltre, la combinazione tra mare e vegetazione costiera crea una sorta di aerosolterapia naturale, grazie agli oli essenziali sprigionati da piante aromatiche come il rosmarino e il mirto, che hanno dimostrato proprietà antibatteriche e antinfiammatorie. Integrare il verde negli spazi urbani e nei luoghi di lavoro non è solo una questione estetica, ma una strategia concreta per migliorare la salute pubblica. Il Biophilic Design, promosso in Italia dall’Accademia Italiana di Biofilia (AIB), risponde proprio a questa esigenza. L’Accademia si dedica alla ricerca, alla formazione e alla divulgazione di soluzioni progettuali che favoriscano la connessione con la natura e riducano gli effetti negativi dell’urbanizzazione sulla nostra salute. Il suo lavoro si basa su solide evidenze scientifiche e mira a sensibilizzare professionisti, istituzioni e cittadini sull’importanza di ripensare gli spazi costruiti per rispondere ai bisogni biologici dell’uomo.
Attraverso progetti di consulenza, attività educative e collaborazioni interdisciplinari, AIB promuove un cambiamento culturale che non considera più la presenza della natura negli ambienti urbani come un lusso, ma come una necessità per il benessere e la resilienza fisica e mentale. La scienza lo conferma con numeri sempre più evidenti: la natura non è un optional, ma un elemento essenziale della nostra salute. Riscoprire il contatto con il verde non è solo un modo per rilassarsi, ma un investimento concreto sulla nostra qualità di vita e sulla nostra longevità. E l’Italia, con il suo patrimonio naturale unico al mondo, non può più permettersi di ignorarlo.