Sabato 11 Ottobre 2025 | 02:24

Con le città più verdi criminalità in crisi

 
Alessandro Miani

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Alessandro Miani

Con le città più verdi criminalità in crisi

C’è una forza silenziosa, spesso trascurata, che agisce ogni giorno nelle nostre città. Non indossa divise, ma può ridurre la violenza, disinnescare l’aggressività, prevenire la criminalità

Venerdì 22 Agosto 2025, 09:56

C’è una forza silenziosa, spesso trascurata, che agisce ogni giorno nelle nostre città. Non indossa divise, ma può ridurre la violenza, disinnescare l’aggressività, prevenire la criminalità. È la natura. Più precisamente, il verde urbano accessibile, fatto di alberi, parchi, giardini, cortili condivisi, tetti vegetati, viali alberati. Non si tratta solo di una questione estetica o ambientale, ma di salute pubblica e sicurezza collettiva. Numerosi studi internazionali, condotti negli ultimi trent’anni, hanno dimostrato che la presenza di natura nei contesti urbani può avere effetti diretti sulla riduzione della criminalità e della violenza. A Chicago, uno studio dell’Università dell’Illinois ha analizzato gli edifici di edilizia popolare: quelli circondati da alberi e vegetazione registravano significativamente meno episodi di criminalità rispetto a quelli spogli e asfaltati. I risultati erano chiari: meno aggressioni, meno vandalismo, meno violenza domestica. La vegetazione sembrava agire come un sedativo naturale, capace di ridurre lo stress, aumentare l’autocontrollo e favorire il senso di comunità. L’esperimento è stato replicato in molte altre città. A Filadelfia, un vasto programma di bonifica e rinverdimento dei lotti abbandonati ha portato a un calo documentato del 29% nella violenza armata e del 22% nella delinquenza complessiva nei quartieri coinvolti. Non si trattava di parchi monumentali, ma di piccoli gesti di restituzione ecologica come piantare un albero, seminare un prato, curare uno spazio.

Il messaggio è semplice: dove cresce la natura, cala la violenza. Oggi questi dati diventano ancora più cruciali se letti alla luce di un altro fattore: il cambiamento climatico. Le città si surriscaldano. Le estati sono più lunghe, torride e insopportabili. E con l’aumento delle temperature, cresce anche l’aggressività. Diversi studi in ambito psicologico e criminologico hanno evidenziato una correlazione tra l’aumento del caldo e l’incremento dei comportamenti violenti. Un’analisi pubblicata sulla rivista Nature Human Behaviour nel 2022 ha stimato che ogni incremento di 1°C nella temperatura media può aumentare la probabilità di conflitti interpersonali fino al 4% e i conflitti tra gruppi sociali fino al 14%. Il caldo estremo altera la regolazione emotiva, riduce la tolleranza allo stress, intensifica l’irritabilità. In un ambiente urbano cementificato, dove l’«isola di calore» amplifica la temperatura percepita anche di 5-7°C rispetto alle aree verdi, la combinazione diventa esplosiva. Si crea un terreno fertile per l’alterazione dei comportamenti sociali. Più l’ambiente è ostile, più le persone lo diventano. In assenza di ombra, frescura e bellezza, è il disagio a prendere il sopravvento.

Ma se il contesto amplifica l’aggressività, può anche contenerla. Le aree verdi funzionano come valvole di decompressione urbana. L’ombra di un albero può abbassare la temperatura percepita fino a 10°C, la semplice vista del verde riduce l’attivazione dell’amigdala, centro cerebrale dello stress e della paura, camminare in un parco aumenta i livelli di serotonina e abbassa il cortisolo, l’ormone dello stress. Un esperimento condotto in Giappone ha rilevato che 15 minuti in una foresta urbana bastano per rallentare il battito cardiaco, regolare la pressione sanguigna e migliorare l’umore. Non è una questione di poesia, ma di neuroscienze. Le neuroscienze ambientali ci spiegano che il contatto con la natura modula le risposte neurofisiologiche legate all’aggressività, all’impulsività e all’ansia. È come se la natura avesse un effetto regolatore sul nostro sistema nervoso autonomo, riportandoci in una zona di equilibrio psicofisico che rende meno probabile l’innesco di comportamenti violenti. Eppure, non tutte le città offrono questo tipo di prevenzione.

Al contrario, in molti quartieri periferici, proprio quelli più esposti al degrado e alla tensione sociale, il verde è scarso o assente. La disuguaglianza ecologica si sovrappone a quella sociale, contribuendo a cronicizzare le condizioni di disagio. È qui che la natura urbana assume anche un ruolo politico, quello di diventare leva di giustizia, inclusione e pacificazione sociale. Su queste basi è recentemente nato il Progetto «Bosco Rosso», ideato dall’Associazione Algaxia APS, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e l’Accademia Italiana di Biofilia (AIB). Si tratta di un progetto pilota, già partito nel Lazio grazie a un protocollo siglato con l’Osservatorio Legalità e Sicurezza della Regione e destinato a estendersi nelle principali città italiane, che prevede la realizzazione di spazi verdi, recuperati al degrado, per la prevenzione di violenze, abusi e molestie contro le donne. Il Progetto ha l’obiettivo di promuovere un ambiente urbano salubre e vivibile, dove la sicurezza delle donne sia elemento prioritario. I parchi saranno attrezzati con sistemi di videosorveglianza discreti, dotati di intelligenza artificiale, progettati per tutelare i frequentatori senza compromettere la serenità del luogo. Delle aree destinate alla promozione di una socialità fondata sul rispetto, l’equità e la sicurezza, spazi dove uomini e donne possano incontrarsi in serenità, promuovendo il rispetto reciproco e la parità di genere. Investire in verde pubblico non è solo un gesto ambientalista. È un atto di prevenzione. È una politica di sicurezza. È un modo per disinnescare, silenziosamente, la spirale dell’aggressività che affligge le nostre città. Perché un albero può non sembrare una guardia giurata, ma può proteggere molto più di quanto immaginiamo. E forse, in un mondo sempre più caldo e teso, è proprio dalla natura che dobbiamo ripartire per costruire città più sane, sicure e umane.

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