Non c’è estate senza un po’ di sana irriverenza, e chi meglio di Willie Peyote per portarla in scena? Il rapper e cantautore torinese, penna tagliente e spirito critico tra i più lucidi della musica italiana, sbarca in Puglia con due date del «Grazie ma no grazie» Tour, il 1° agosto alla SvevArena di Bisceglie, per il Dolmen Summer Fest, e il 2 a Lecce, sul palco delle Cave del Duca per l’Oversound Music Festival.
Nuove canzoni, provocazioni eleganti e una scaletta che attraversa dieci anni di carriera, a partire da quell’album seminale che fu Educazione Sabauda, fino all’ultimo lavoro Sulla riva del fiume, che chiude la «trilogia». L’ultimo singolo è il recentissimo «Next», fotografia ironica e amara dei rapporti ai tempi delle app di dating, dove persino un appuntamento sembra trasformarsi in un colloquio di lavoro.
Un tour con cui oltre a portare la sua musica più nuova festeggia i 10 anni di «Educazione Sabauda»: c’è un brano di quell’album che oggi sente invecchiato bene o che risuona con un nuovo significato?
«Senza dubbio "Che bella giornata" è il brano che più di tutti sento ancora vicino, non perché abbia assunto un nuovo significato nel tempo, anzi, ma proprio perché mi ricorda quel periodo e la scelta che ho fatto e in qualche modo mi dà slancio per continuare ancora oggi».
«Sulla riva del fiume» ha chiuso idealmente una trilogia: che bilancio fa di questo percorso lungo dieci anni?
«Non sono molto portato a fare bilanci, quello che mi fa piacere constatare dopo questi 10 anni è che, nonostante le tante cose diverse accadute, gli imprevisti, le deviazioni, il percorso è collegato dall' inizio fino ad oggi. E in fondo era quello l'obiettivo che mi ero posto e penso sia un buon viatico per la prosecuzione».
I suoi live sono sempre stati un punto di forza: come ha costruito la scaletta di questo tour tra celebrazione e novità?
«Il punto di forza dei nostri live è la band che ho la fortuna di avere al mio fianco, e quindi la scaletta è stata costruita come sempre per lasciare più spazio possibile a loro e alla musica suonata, alle citazioni e ai tributi di tutta la musica che ci ha formato per arrivare fino a qui».
La satira e il disincanto sono cifre stilistiche costanti nei suoi album. Oggi con la musica il suo intento va più verso il «risveglio delle coscienze» o punta al «racconto»?
«Credo che le due cose possano andare di pari passo, raccontare storie può sicuramente aiutare a far riflettere sul presente e sul mondo che ci circonda. Anche quando si raccontano storie del passato o molto personali».
Il singolo «Next» per esempio è uno spaccato interessante: l’amore nell’epoca delle app come un colloquio di lavoro. Quanto c’è di vissuto personale e quanto di osservazione esterna nei testi?
«Nella fattispecie non c'è nulla di autobiografico perché, quando ero adolescente le dating app non esistevano ancora (purtroppo) e successivamente nella vita non le ho mai usate. Le abbiamo scelte come escamotage narrativo per raccontare alcuni aspetti di tutti noi oggi che in realtà non riguardano solo il campo degli appuntamenti: la vastità delle scelte possibili ci spinge a voler cambiare velocemente e a cercare sempre qualcosa di nuovo, di più stimolante, togliendoci la voglia di dare tempo alle cose per attecchire in noi. Vale per la musica come per gli appuntamenti».
E il video l'ha registrato a Valencia: che importanza ha l’estetica visiva nella comunicazione musicale?
«Credo che oggi più che mai la musica non venga più solo ascoltata ma costantemente anche guardata, quindi non si può prescindere da quell'aspetto».
Insomma, oggi siamo ancora «Sulla riva del fiume»: dove la porterà la prossima «riva»? Ha già in mente un nuovo percorso?
«Stiamo già lavorando al prossimo disco, non so ancora dove porterà ma posso dire che ora che ho la sensazione di aver ritrovato il bandolo della matassa. L'obiettivo è mantenerlo saldo in mano anche andando verso nuove rive ancora inesplorate».