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Nicola Morisco
02 Dicembre 2020
Nel titolo un doppio significato. Vivere piano, infatti, è il secondo e nuovo lavoro discografico del 35enne pianista e compositore, ma anche ingegnere ambientale, di Giovinazzo Orazio Saracino.
Un titolo in cui l’artista sottolinea la sua passione per il pianoforte, ma che diventa anche una sorta di inno alla lentezza. «La mia disposizione d’animo mi porta ad essere calmo, tranquillo: la lentezza è insita in me – spiega Saracino-. Poi, con l’esperienza del lockdown, mi sono convinto ancora di più sulla qualità di un approccio verso questo modo di affrontare la vita. Sarà una visione utopistica, ma immagino una società post- Covid in cui si possano riscrivere le regole applicando i dettami della lentezza per non tornare alla frenesia della società occidentale a cui siamo abituati. Lasciamo la possibilità di cogliere la profondità delle cose, dell’attimo e i piccoli dettagli della vita che sono molto importanti».
Il nuovo progetto discografico del musicista pugliese, è il frutto del lavoro creativo sviluppato in modo discontinuo negli ultimi tre anni, iniziato subito dopo l’uscita del suo primo album di inediti Incontro Tempo Suite. Nei nove inediti di Vivere Piano, Saracino mette in campo tutte le sue ispirazioni musicali in cui trasporta il linguaggio jazz nella canzone d’autore, senza trascurare riferimenti alla musica brasiliana e a una sottile controllata presenza di elettronica.
Cinque brani cantati con liriche decisamene ispirate, qualità compositive riconosciute di recente anche al «Premio Internazionale Salvatore Quasimodo», dove si è classificato al terzo posto, con in giuria Alessandro Quasimodo e Giulio «Mogol» Rapetti.
Quattro, invece, sono brani strumentali costruiti con una mescolanza di generi musicali, dove le sfumature jazzistiche rappresentano il collante più importante. «Lungi da me definirmi jazzista prosegue Saracino -, attingo dal linguaggio della musica afroamericana a livello di sfumature, ma mi indirizzo prevalentemente sulla musica d’autore concepita in una certa maniera e nella quale introduco queste chicche jazzistiche. Definirlo disco jazz sarebbe improprio».
Nella musica di Saracino, quindi, c’è tanto studio (diplomato in pianoforte al Conservatorio Piccinni di Bari e il biennio di specializzazione in pianoforte jazz presso il Conservatorio «Nino Rota» di Monopoli) e influenze dettate da ascolti di nomi altisonanti della musica internazionale e di autori italiani. «Adoro spaziare tra i diversi generi musicali – conclude Saracino -, anche i miei ascolti sono eterogenei: da Brad Mehldau a Ryūichi Sakamoto, passando per Yann Tiersen. A questi grandi nomi si aggiungono autori italiani del calibro di Fabio Concato, Sergio Cammariere e Francesco De Gregori. Per quanto riguarda le ispirazioni brasiliane, sono legate all’ascolto di un disco un disco in particolare, Carioca di Stefano Bollani, un mondo che mi affascina molto».
Alla realizzazione del disco hanno partecipato Eugenio Venneri (contrabbasso), Michele Marrulli (percussioni) Giuseppe Todisco (tromba e flicorno), Stefano De Vivo e Alex Grasso (chitarre), Mimmo Campanale (batteria), Gabriele Mastropasqua (sax), e le voci di Larry Franco, Dee Dee Joy, Mizio Vilardi, Tommaso Lanotte e Rita Scalera.
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