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Il metal è vita: Donato Gallicchio traduce in musica storie e tormenti

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

Il metal è vita: Donato Gallicchio traduce in musica storie e tormenti

Dg Legacy, un disco forgiato grazie alla collaborazione di tanti amici musicisti

Mercoledì 11 Novembre 2020, 09:48

Un progetto curato in ogni dettaglio, frutto di impegno, costanza, ricerca e collaborazioni. Donato Gallicchio, bassista potentino tra i fondatori del gruppo metal dei Walkyrya, accanto ai Lucus, nuova band che si è affacciata da poco sulle infuocate direttrici dell’heavy metal lucano, ha realizzato un album che contiene tredici tracce. Dg Legacy, le iniziali del suo nome accanto al termine «lascito», «eredità». È come se Gallicchio avesse voluto condensare in un disco tutto il suo mondo musicale per lasciare un segno. Un caleidoscopico lavoro musicale che si muove all’interno dei confini del metal catturandone le varie sfaccettature: «Sì - dice Donato - mi sono divertito a giocare con la musica, proponendo un brano per ogni sottogenere del metal, dal trash, al classico al folk-rock scegliendo corde, sensibilità e voci giuste per poterle interpretare».

Come definirebbe il suo album?
«Un concept album. Parla della mia vita, è in pratica la mia biografia».

E parlando della sua vita c’è spazio anche per il territorio. La Lucania...
«Sì, con le mie canzoni ho voluto rendere omaggio alla mia regione, alla terra natìa, ma in generale mi occupo di tutte le sfumature che fanno parte della mia vita, l’amicizia, l’amore, la voglia di fare delle cose. L’idea di fondo è quella di descrivere se stessi come un individuo che fa parte di una comunità. Ogni brano, insomma, è un capitolo di vita».

I testi sono tutti suoi?
«Sì, tranne Stone head scritta dal mio amico fraterno Vince Santopietro».

La genesi dell’album?
«Il progetto risale a un paio d’anni fa e ha subito rallentamenti per vari motivi, non ultimo l’emergenza Covid. Ho condiviso questo lavoro con diversi amici musicisti: Roberto Cosentino, Tiziano Casale, Marcantonio e Gianluca Quinto, Carmine Manzi, Giò Di Donna, Mara De Canio, Dario Gallicchio, Danilo Vignola, Antonio Loscalzo, Anna Maria Criscio, Gianni Bruce Barbaro, Elijah Mohnt, Diletta Vurchio, Vince Santopietro, Teresa De Lucia, Folco Orlandini e Giovanni Di Donato».

Tra le collaborazioni, oltre a quella preziosa di Danilo Vignola, straordinario talento lucano dell’ukulele, appare anche il nome di Mara De Canio che condivide con lei il progetto dei Lucus...
«È vero. E i Lucus sono nati proprio mentre stavo lavorando a questo progetto solista. Ho voluto alla chitarra Mara per una canzone (Little dancer, primo singolo) e da lì è nata la voglia di creare qualcosa di nostro».

Nel disco c’è attaccamento alle radici musicali del metal ma non manca la voglia di sperimentare, come nel caso di Crystal heart, con tre bassi sovrincisi su un tappeto d’orchestra. Ma Donato resta ancorato saldamente al rock duro: «È un genere che sopravvive a se stesso e alle mode. Il metal - dice - si è evoluto, modificato, plasmato in altre cose. Il futuro ce l’ha: oggi vedo tanti giovanissimi che si riscaldano davanti al fuoco del rock».

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