La Giornata Mondiale della Gioventù è stata vissuta a Cracovia all’insegna della misericordia e della fraternità. Sono questi i due pilastri fondamentali sui quali Papa Francesco ha invitato i giovani a costruire “un’altra umanità”. Perché questo avvenga, occorre che essi non si lascino “anestetizzare l’anima” né si facciano ammaliare dalla droga del successo e delle comodità. Occorre soprattutto che non smettano mai di sognare e che sappiano lottare pacificamente per l’onestà e la giustizia installando la “connessione di un cuore che persegue il bene senza stancarsi” e imitando “la memoria fedele di Dio”.
Francesco ha voluto essere realista soprattutto quando ha messo in evidenza alcuni aspetti negativi della “questione giovanile”. Ha ammesso, infatti, che prova un grande dolore quando incontra giovani che appaiono “pensionati prima del tempo” o che gettano la spugna prima di iniziare la partita. Che avverte una grande pena quando gli capita di vedere ragazzi camminare con la faccia triste e procedere annoiati, annoiando anche gli altri. Senza arrendersi a queste constatazioni, Francesco, nella lezione di Cracovia, ha cercato di scuotere specialmente questi giovani dal torpore che li avvolge e li ha esortati a cambiare stile di vita, a non vegetare, a non chiudersi nella paura che paralizza, a non aspirare alla felicità del divano che narcotizza, a non rimettere agli altri la decisione del loro futuro, a non guardare al mondo dallo schermo di un computer o di un cellulare. Anzi, da nonno sollecito, ha spinto sia i pigri, sia gli intraprendenti a sapersi mettere in gioco, a saper osare avendo una considerazione alta del proprio essere; a impegnarsi per cercare il bene per sé stesso e trasmetterlo agli altri. Soprattutto li ha invitati ad avere il coraggio di “diffidare delle liturgie mondane dell’apparire” sapendo che Dio conta sulla persona per quello che è, non per ciò che ha. E ci ha tenuto a specificare che a Dio interessa la singola persona perché presenta la sua stessa immagine. Dio si identifica con ciascuno e vuole che con quel ciascuno venga usato il suo stesso stile, che è fatto di misericordia e di fraternità, perché in lui tutta l’umanità possa sentirsi unita come in un solo corpo. Da queste premesse egli fa scaturire la concezione ottimistica del cristiano il quale, ponendosi dalla prospettiva di Dio, considera che, al di là del male che avanza, il mondo può cambiare verso il bene. Allora, da condottiero che infervora, Francesco ha esortato i giovani ad attivarsi per promuovere il cambiamento del mondo e si è raccomandato che non si scoraggino e non si lascino sopraffare dalla vergogna paralizzante; che coltivino i desideri, s’impegnino per il bene, valorizzino la memoria facendo leva sulla esperienza dei nonni e non si stanchino di “predicare la speranza con il sorriso e le braccia sempre aperte”. Solo a queste condizioni i giovani potranno fare crescere un’altra umanità capace di liberare il mondo dal pericolo delle invasioni abusive, delle sopraffazioni egoistiche, degli odi tribali, dei conflitti sanguinari, delle discriminazioni razziali, dello sfruttamento selvaggio, delle ideologie fuorvianti. Ora tocca ai giovani mettersi all’opera; perché il futuro dell’umanità e della qualità della vita è nelle loro mani.
Michele Giorgio, Bitonto (Bari)