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Per 5mila diabetici, dopo l’emergenza ricovero, il vuoto sanitario

 
Nicola Simonetti

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L’insulina settimanale, una svolta per i diabetici

Venerdì 17 Novembre 2023, 19:09

Almeno cinquemila ogni anno, sono i pazienti con diabete in pronto soccorso ed in eventuale ricovero d’urgenza, per evento acuto, secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità. Dopo la risoluzione della crisi, per loro, l’ignoto; troppo spesso manca un seguito che, invece, sarebbe indispensabile. Cosa fare per colmare “il dopo” di tali pazienti che presentano problemi e complessità tali da esigere risposte sanitarie in una logica di continuità di cura e che, invece, si confrontano con un vuoto assistenziale e sanitario che rende tali pazienti a rischio di future crisi ingravescenti? La risposta è venuta dai suggerimenti motivati da parte di clinici e pazienti che si sono confrontati, in Senato, in un incontro (promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief) orientato alla definizione di irrinunciabili criteri di una più appropriata gestione. Questi, in breve, sono: rafforzare l’assistenza territoriale, PTDA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) che assicuri la continuità assistenziale anche grazie alle nuove tecnologie, ampliandone l’accesso e la rimborsabilità a popolazioni più ampie di pazienti, la telemedicina, l’importanza del network ospedale-territorio. Tutte, queste, cose fattibili ma bisogna “por mano ad esse”

I pazienti, superata l‘ emergenza (i tempi medi di ricovero sono generalmente più lunghi che negli altri casi con relativi aggravi dei costi) sono dimessi e lasciati a se stessi, senza uno specifico percorso assistenziale in grado di assicurare l’indispensabile aderenza e persistenza terapeutica di cui invece avrebbero assoluta necessità. “Le ragioni di queste carenze assistenziali sono certamente molteplici – ha detto la Sen. Daniela Sbrollini, V.presidente 10ª Commissione permanente del Senato e presidente intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili – ma credo che un contributo maggiore dovrebbe venire anche da una medicina del territorio più solida, in grado decongestionare la pressione sul Pronto Soccorso, almeno per i casi meno urgenti che sarebbero gestibili all’esterno dei presidi ospedalieri.

Credo che in questa direzione si dovrebbe fare molto di più”. Una risposta sanitaria più efficiente ed organica per questo tipo di pazienti può venire solo da uno specifico percorso diagnostico terapeutico e assistenziale al momento della dimissione “che preveda la presa in carico del paziente con modalità strutturate, in grado di garantire una successiva gestione ottimale condivisa con la medicina del territorio e si avvalga di un sistema assistenziale multiprofessionale e multidisciplinare, senza alcuna discontinuità (dr.F. Pugliese, dir. dipartimento emergenza in Osp. Pertini Roma). “… Credo che questa patologia trarrà maggior beneficio dalla progressiva affermazione di sanità digitale, telemedicina e soprattutto terapie digitali” (on.le Simona Loizzo, pres. intergruppo sanità e terapie digitali). Sul tema del monitoraggio in remoto dei livelli glicemici resta però molto da fare: questa tecnologia è utilizzata solo dal 50% circa dei diabetici tipo 1 e 2 in trattamento con terapia insulinica multiniettiva. “In definitiva, essendo – dice Lina Delle Monache di Federdiabete Lazio – la persona con diabete soggetto complesso che presenta esigenze particolari e richiede approccio adeguato e multidisciplinare - le parole d’ordine per la gestione delle fasi post ospedaliere non possono che essere: continuità di cura e dimissione protetta, basata su un network ospedale-territorio”.

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