Dopo 70 anni di abuso di antibiotici e relativi morti, costi impropri, nascita di superbatteri resistenti, è tempo di darci una svolta e – dice il prof. Pierluigi Viale (univ. Bologna) – se non vogliamo entrare nell’era senza antibiotici perché ormai inefficaci, corriamo ai ripari, qui e ora.
L’antibiotico può fare anche male non solo al malato ma pure a tanti altri e, in un contesto nel quale è possibile ricevere, dal laboratorio, in due ore, risposta sul germe responsabile di una meningite e, in 5 ore, di una setticemia, non è giustificabile l’uso indiscriminato di antibiotici (negli ospedali, 50% dei ricoverati fa antibiotici; dopo gli interventi chirurgici, per prassi, si fanno giorni inutili di antibiotici ed impera la “ritenuta” medicina difensiva) che, invece, deve diventare personalizzato e non prolungato contro l’evidenza.
Le soc. europee di malattie infettive e di microbiologia hanno accertato che gli specialisti interrogati “non sono pronti al futuro”, uno su 3 accorcia i tempi di somministrazione antibiotica e meno del 50% è pronto a farlo nell’immediato futuro. Inoltre, dei 150 farmaci antimicrobici disponibili, spesso si è fermi alla penicillina.
Unità di malattie infettive non possono esserci in ogni ospedale ma – propone il prof. Claudio Viscoli – se ne istituiscano servizi metropolitani disponibili per consulti.
È tempo di “antimicrobial stewardship”, governo della terapia antimicrobica, strategia per controllare l’evolversi del fenomeno resistenza e far cessare la moria: ogni anno 25.000 le vittiime dei "superbatteri" in Europa.