Gaza interpella il mondo, con domande di responsabilità. È comune la richiesta di intervento da parte dei governi. In primis del nostro continente europeo. Questo sta richiamando analisi di scenario a più livelli, nel quale con sempre maggiore forza si delinea una situazione di giochi di potere soprattutto economico, che vedono ancora il primato degli Stati Uniti d’America, seguiti da Cina ed Europa. Lo stesso conferma l’accordo stretto tra L’Europa e gli USA sui dazi, il cui risultato al 15%, è stato commentato come debole con un atteggiamento definito gregario e passivo dell’UE nella trattativa. Le guerre in corso rappresentano l’esistenza di un codice comunicativo basato sulla legge del più forte, sulla violenza e sull’aggressività a scapito della diplomazia – richiamata anche da Papa Leone XIV – e del dialogo. E spesso, le guerre, la paura, diventano proprio il mezzo per il recupero di potere nella “scena”, laddove invece sembrerebbe che la stasi o l’armonia e la pace, deprezzino l’economia fatta anche di interessi economici, anche delle industrie belliche. In effetti, se il filtro con cui valutare il potere è quello economico, l’analisi di scenario è verosimile e la guerra, la minaccia, il ricatto e la manipolazione, come strumento di conflitto, sono da ritenersi legittimi. Ma i presupposti teorici e pratici dello sviluppo sono ben altri: dove non persevera la pace, non può esserci sviluppo e non solo perché la guerra distrugge con costi notevoli e duraturi di ricostruzione, ma perché la spirale involutiva e perversa dell’odio e della destabilizzazione di massa nella governance internazionale, non consente di investire energie nella propulsione di obiettivi innovativi di sviluppo e di crescita. Le alleanze strategiche tra gli Stati, che sono all’origine della fondazione dell’Unione Europea, prevedevano una prospettiva di crescita con un interesse moltiplicativo a cascata per tutta l’umanità. Il principio guida che lo ispirò, all’alba della guerra che le fece da maestra, fu proprio l’idea di una pace quale sfondo di prosperità e generatività. Pace, che fu subito chiaro, non dovesse essere intesa come “quieto vivere”, ma come impegno costante ad un equilibrio tra le forze in campo, orientato continuamente da valori guida come i diritti umani e i principi di uguaglianza, equità, supporto ai paesi in via di sviluppo, reciprocità, fraternità, dialogo e inclusività. Il potere, dunque, di uno Stato di Stati, che avendo in sé il seme della democrazia come bene supremo e assoluto, avrebbero custodito le radici di un’unione, che è forma e sostanza, che è metodo. Ci fu della profezia, in quelle persone, che avevano fatto della propria vita una lotta alla politica con p maiuscola, al servizio del bene comune e non come potere assoluto appunto. Per non parlare delle ricchezze culturali, spirituali, religiose, artistiche e sociali di cui i Paesi dell’Unione Europea sono portatori e custodi, storie di civiltà che vedono una indiscussa superiorità e da cui ogni altro potere discende. Cosa sarebbe l’uomo, senza cultura, senza arte, senza storia, senza spirito, senza sogni? Come potrebbe elevarsi da istinti di specie e contraddistinguersi per bellezza, onore, morale e sentimento? Cosa sarebbe il mondo in mano ad una bussola che indica solo il valore economico? Senza fiducia nel progresso e nella stabilità su cui basare programmazioni decennali di sviluppo in alleanze strategiche tra i Paesi dell’intero globo? Quale potenziale offrirebbe un metodo di unione resiliente capace di proteggere e costruire la pace su scala globale, dimostrando che è l’investimento economico capace di generare ricchezza e prosperità a più lungo termine, superando tattiche impulsive di dominio distruttive e scellerate? Sarà questa la speranza a cui siamo chiamati, come Europa, oltre il vittimismo che a volte ci attanaglia riducendo lo sguardo alla lente con cui alcuni vorrebbero farci vedere la realtà. Se è così, bisogna rafforzare lo spirito di appartenenza, ricordare le radici culturali, valoriali e spirituali dell’Europa, per guidarci strategicamente oltre, in un futuro che possiamo ancora far accadere, smarcandoci da avventori spregiudicati e dirigendo le energie in modelli avanzati di sviluppo, che possano fare luce ed essere di esempio. Serve coesione interna, congruenza e visione, serve più unione.

Il conflitto riaccende domande globali sul potere, sull’economia e sul ruolo strategico di un continente che sembra aver smarrito la sua identità
Venerdì 01 Agosto 2025, 20:20
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Un blog per saperne di più sul “SAPER VIVERE” di ogni giorno e sul decidere come comportarci, facendo chiarezza sulle parole e sui fatti, potendo avere un punto di vista utile per avere sempre più un’opinione personale su lavoro, scuola e famiglia. Ecco una serie di strumenti per poter comprendere gli eventi della vita e saperli gestire al meglio. Tutto questo è Agil@mente. A cura di Emanuela Megli, donna e due volte mamma, imprenditrice, Formatrice Coach di Soft Skills e scrittrice.
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