Sabato 06 Settembre 2025 | 20:38

«La maglia del Lecce», la ballata de La Municipàl racconta l'amore e l'appartenenza con la metafora calcistica

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

Carmine Tundo illustra alla «Gazzetta» il nuovo singolo: «Ecco il mio Salento, ricco di contraddizioni fuori dai cliché turistici. Non ho fretta di far uscire un disco, non voglio scrivere canzoni che non dicano niente»

Venerdì 16 Maggio 2025, 07:30

«Come un gol all’ultimo minuto, che ti salva e ti spezza insieme». È così che arriva «La maglia del Lecce», il nuovo singolo de La Municipàl, che esce ufficialmente oggi, 16 maggio. Un brano che non è solo una canzone, ma una dichiarazione d’amore per una persona, una città, un simbolo che, come la maglia giallorossa, può racchiudere tutta la bellezza e la fatica di esistere.

Carmine Tundo – anima e fondatore del progetto – torna a scrivere partendo dalla sua terra, il Salento, e scegliendo Lecce come punto di partenza per un racconto che unisce intimità e senso di appartenenza. Una ballata ruvida, malinconica, che prende il calcio per raccontare la necessità di ritrovarsi dentro qualcosa che ci rappresenti. Il singolo è stato scritto, prodotto e registrato da Tundo, mixato da Peppe Petrelli e masterizzato negli Stati Uniti da Justin Perkins. È accompagnato dal videoclip firmato da Balto, girato tra le vie e lo stadio di Lecce

Molto più di un inno sportivo: in che modo la metafora calcistica si intreccia con i temi esistenziali della perdita, dell’amore e del disincanto?

Carmine Tundo: «L’immaginario calcistico mi ha sempre affascinato, soprattuto il modo in cui la gente vive la passione, a prescindere dai risultati o dalle vittorie, quell’amore incondizionato verso una maglia è per certi versi simile a quello che si può provare per una persona, mettendoci dentro anche una sana leggerezza, che non fa mai male».

Nel videoclip emerge una Lecce quotidiana, viva, lontana dai cliché turistici: quanto è importante per lei raccontare il Sud Italia nella sua autenticità, senza idealizzazioni?

«È molto importante, da anni ho scelto di raccontare la mia terra, stupenda ma ricca di contraddizioni, oltre l’immagine felice e turistica c’è anche qualcosa di diverso, una scenografia in cui noi local viviamo tutto l’anno, ed è lì che ci sono sempre le storie più interessanti da narrare».

Il 2024 è stato un anno cruciale, con il tour in Giappone e il palco del Primo Maggio: come queste esperienze internazionali e collettive hanno influenzato la sua visione artistica?

«Questo tipo di esperienze mi danno sempre un’enorme carica creativa, quando viaggi molto o sei in contesti così grossi ti rendi conto del quadro più ampio, e cerco sempre di migliorarti o di alzare l’asticella dl punto di vista artistico, poi l’ispirazione va anche in qualche modo alimentata, visivamente e umanamente, stando fermo non succede nulla e corri il rischio di cominciare a scrivere “di mestiere” e quella è la fine del gioco».

Nel brano cita momenti precisi della storia del Lecce Calcio: quanto conta la memoria collettiva nel processo narrativo e poetico?

«Conta tantissimo, la malinconia o la nostalgia fanno sempre partire il motore della mia creatività, i ricordi di infanzia o gli eventi passati hanno sempre un sapore diverso, li vedo come una vecchia foto sgualcita da tenere stretta in un cassetto».

Ha dichiarato che “La maglia del Lecce” è solo il primo tassello di un nuovo progetto discografico: cosa puoi anticipare del concept generale e dei temi che affronterà?

«In realtà sto cercando di seguire il flusso e di non forzare nulla, sto aspettando che i brani “arrivino” nel momento giusto , e di solito per qualche magico motivo arrivano sempre a salvarmi da un periodo buio, e vorrei mettere solo quelli nel prossimo album».

Dopo cinque album e centinaia di concerti, come è cambiato il suo approccio alla scrittura? È ancora un’urgenza oppure si è trasformata in una forma di meditazione consapevole?

«Avendo tanti progetti ho diverse modalità di scrittura e produzione ma ne La Municipàl cerco semplicemente di vivere e buttare fuori qualcosa quando ne ho la necessità, non voglio scrivere canzoni che non dicano niente».

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