Sabato 06 Settembre 2025 | 20:44

Harry e William, fratelli diversi come gocce d’acqua

 
Lisa Ginzburg

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Lisa Ginzburg

Harry e William, fratelli diversi come gocce d’acqua

La sensazione è che il minore («Spare») sia un uomo allo sbando. Sarà la diversità di carattere tra i due ad averli tanto allontanati? O non piuttosto la mancanza di autonomia e di forza d’animo

Sabato 14 Gennaio 2023, 15:45

Volenti o nolenti, eccoci tutti accalappiati dalla vicenda di Spare, l’autobiografia del principe Harry. Vicenda intrigante non solo perché successo editoriale annunciato e stratosferico, né soltanto perché al centro delle vicissitudini della casa reale britannica cui già abbiamo avuto negli ultimi anni occasione di appassionarci seguendola in forma «romanzata», finzionale, attraverso l’efficacissima e riuscitissima serie The Crown trasmessa su Netflix.

Anche, la vicenda dallo stesso Harry con chissà quanto calcolata, programmatica ambizione data in pasto al mondo, ci intriga perché parla di fratelli. Di primogeniti e secondogeniti. Sono tante nella storia della letteratura, del cinema, della televisione, dei fumetti, dei libri per bambini così come nelle vite reali, le vicende di fratelli. Storie che un poco si assomigliano tutte quanto a spartizione dei ruoli: dove il figlio primogenito si dimostra saggio, assennato, responsabile, piuttosto imploso ma imploso positivamente (con effetti tutto sommato benefici, per lui magari non del tutto, non esattamente, ma per la famiglia di sicuro), e il secondogenito invece dissoluto, intimamente complicato e avverso alla famiglia, scapestrato, nei gesti e nelle azioni complessivamente distruttivo, per sé e per il casato.

Quasi un cliché di tante dinamiche famigliari, ma un cliché ogni volta diverso, foriero di un differente copione. Certe volte, se non spesso, i secondogeniti rischiano di venire inghiottiti dal loro risentimento, dai dilemmi e le contorsioni delle loro complicate sensibilità. Perché da ragazzini si sono sentiti trascurati, amati meno rispetto ai loro fratelli maggiori, meno legittimati di loro rispetto all’identità condivisa della famiglia, trasformano il loro rancore nella loro stessa identità e nel loro destino. Un drammatico, fatale sbaglio: da quel rancore si fanno guidare e anche manovrare, ne sono «agiti», come si dice in termini psicoanalitici. Rancore covato molte volte per anni e anni, in un silenzio malmostoso e sempre tenuto nascosto. Una gelosia come un tarlo capace di mangiarsi tanto, troppo. Perché il rancore, si sa, nella durata è un veleno per sé stessi, qualcosa la cui azione rischia di autointossicare. A seguire Harry nella nuova versione di scrittore di successo che con il suo libro magnificamente riscritto dal ghost writer («ghost», «fantasma», in realtà ben poco, il mondo intero sa di chi si tratta, lo stesso che lavorò al fianco di Agassi per il fortunatissimo libro Open) si ha la sensazione che sia un uomo allo sbando, sempre lì lì per schiantarsi contro un muro. Continuamente in bilico tra disequilibrio e autoliberazione. Cosa succederà? Verrà o no invitato all’incoronazione di Carlo suo padre? Saprà e vorrà ricucire gli innumerevoli strappi che con questo libro/bomba sta provocando? Il suo matrimonio con la furba e ambiziosa moglie Maghan sopravviverà allo stress, uscirà rinsaldato da tanti e tali terremoti mediatici e relazionali, o invece attende Harry nella media durata anche la nuova, scandalosa, oltraggiosa, trasgressiva esperienza di un divorzio? Difficile e in certa misura ozioso fare pronostici.

Piuttosto, a riguardare le centinaia di fotografie dei due fratelli, William e Harry, spezzati dalla tragedia della madre Diana, oppressi da stessa infanzia e adolescenza dominate dalla calotta soffocante dell’etichetta reale, li si vede come tate coppie di fratelli: diversi come due gocce d’acqua. E un po’ viene da rammaricarsi, per loro due. Perché quanto più le condizioni famigliari sono dure, disfunzionali, per via di tragedie o «semplicemente» per disfunzionalità delle figure parentali (il mondo ahìnoi trabocca di famiglie disfunzionali, lo sappiamo), tanto più sarebbe bello che i fratelli riuscissero a restare complici, sodali. Fratelli, e non «fratelli coltelli». Sarà la diversità di carattere tra i due ad averli tanto allontanati? O non piuttosto la mancanza di autonomia e di forza d’animo così da lasciare intatta un’alleanza non influenzata da nessun adulto prima, da nessuna moglie poi?

Nelle relazioni tra fratelli o sorelle, quel che più conta è che il mondo sia lasciato fuori dalla porta. Qui la porta è più che spalancata: è aperta su un abisso di incomprensioni tanto gravi e tristi che forse nessuna serie televisiva saprà renderle davvero.

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