Buongiorno Lisa, mia figlia ha 13 anni, e da quando è ricominciata la scuola torna a casa sempre malinconica e di malumore. Io e il padre le abbiamo chiesto con insistenza il motivo del suo turbamento: alla fine ce lo ha raccontato. Una sua compagna si sente bullizzata dai maschi della classe e sta cercando la solidarietà delle altre femmine. Loro non gliela danno perché non hanno «prove», il clima nella classe è diventato di tutti contro tutti e l’atmosfera è molto pesante. Come genitore sono colpita da quanto siano violente e difficili queste relazioni tra i ragazzi e le ragazze. E non so bene come stare vicina a mia figlia.
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Gentile Signora, la prima adolescenza, ah che tormento! Devo dire ne conservo pochi, oscuri ricordi – è strano come la nostra memoria molte volte sappia liberarsi di certe questioni passate le più spinose: una forma di amor proprio, mettiamola così. Perché senza dubbio si tratta di una lunga fase di tormento, di umori a dir poco lunatici, di una insicurezza di sé che rende le relazioni con gli altri coetanei decisive ma anche così fluttuanti, così «strane». Strana è anche la vicenda che lei descrive: provo a immaginare questo fronteggiamento tra ragazzini maschi probabilmente immaturi, troppo aggressivi, e dall’altra parte una ragazza che non sa come avere a che fare con loro, né sa come difendersi e cerca l’appoggio delle altre femmine.
Il bullismo è realtà più che tangibile: ne troviamo sui media cronache quotidiane. Un fenomeno di cui per fortuna si parla più di prima, ma che come altri fenomeni in realtà è sempre esistito. Che conta, tra le sue derive più tristi, accanto a quella di violenza palese e palese esclusione della «vittima» (il bullizzato) anche la triste conseguenza di generare un clima di omertà. Chi ha visto, chi ha le prove, chi non ha visto e non ne ha: indagini inquisitorie, spesso ossessive, con tutti gli sconquassi che episodi del genere comportano sul piano delle relazioni interpersonali tra compagni. Chi dovrebbe concretamente occuparsi di dirimere situazioni del genere comunque secondo me sono i professori. Nessun altro più di loro. Loro a dover creare solidarietà tra i ragazzi, tra i maschi e le femmine ma anche tra gli appartenenti a ciascuno dei due generi. Analogamente a come succede nelle famiglie, tra i fratelli e le sorelle, dove la solidarietà «in orizzontale» non funziona, significa che qualcosa non va a livello «verticale»: che l’unione e l’alleanza non vengono favorite, insegnate, trasmesse. Come mai i professori di sua figlia non percepiscono queste tensioni? Come mai non si impegnano per impedire questo clima di ostilità, omertà, offesa e sospetto estesi? Magari come lei e suo marito avete fatto con vostra figlia, si tratta di fare in modo che i ragazzi possano sfogarsi, dar voce ai loro problemi. Fare in modo che ragazzi parlino, si aprano, comunichino di più e meglio tra di loro.
Manca il venire ascoltati, per moltissimi adolescenti: sentire che esiste uno spazio a loro dedicato in cui dar voce alle loro insicurezze, al senso di mancanza, ai vuoti, e perché no, anche alla loro depressione (stato d’animo demonizzato e temuto, ma che quello anche fa parte dell’età, ne è componente endemica). Per stare più e meglio vicina a sua figlia potrebbe spingerla a trasmettere tal genere di messaggio ai suoi professori: che si occupino, oltre che di insegnare, anche di creare maggiore armonia tra loro allievi. Si diano da fare per uscire dall’asfissia di questi microclimi di reciproche accuse, omertà, gravi silenzi. Per il poco che so e capisco degli adolescenti di adesso (fermo restando che ogni tentativo adulto di decifrare l’adolescenza è fallace in partenza, perché trattasi di età il cui mistero quasi mai è approcciato con il dovuto rispetto), mi sembra che abbiano un gran bisogno di ascolto. Sentire che si dà loro importanza. Dopodiché, nello specifico, se la compagna di scuola di sua figlia chiede una solidarietà che non le viene data dalle altre ragazze per mancanza di «prove», può essere che una parte di ragione sia anche loro. L’intera faccenda (forse un po’ assurda e spropositata ma chissà come andata per davvero, e di sicuro per questi ragazzini importantissima) ha assunto una portata anche etica, che interpella l’onestà del singolo comportamento di ciascuno, e questo, a voler vedere il lato positivo della storia, è un aspetto positivo, un terreno di possibile maturazione di tutti.
Che li si rispetti: ecco di cosa gli adolescenti più hanno fame, sete, bisogno. Sentirsi visti, considerati, ecco l’importante. Come genitori e come professori l’adolescenza può esasperare; ma sono tanti, troppi gli adulti che voltano la testa dall’altra parte pur di non guardare. Magari perché le dissimmetrie di quella fase della vita nel fondo ci spaventano. Un’età «troppo» complicata: e invece santa complicazione, foriera di tali meravigliosi frutti. Abbracci forte e sua figlia e vada a parlare con i suoi professori. Qualcosa migliorerà, ne sono sicura.