«Sono cinquant’anni che facciamo tradizione pugliese e barese e non ci siamo mai discostati da questo filone. E se Dio vuole, faremo altrettanto per i prossimi cinquanta. È il nostro modo di vedere e fare ristorazione». Da “Ai 2 Ghiottoni” di Bari, in più di mezzo secolo, è passato il mondo intero: da Frank Sinatra a Liza Minnelli, da Gerry Scotti a Katia Ricciarelli, senza dimenticare i Presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Carlo Azeglio Ciampi.
Avevamo raccontato la storia di questo ristorante lo scorso ottobre, in occasione del suo cinquantesimo anno d’attività. Oggi torniamo sul posto per parlare con Checco De Napoli di tavola pugliese, lui che con papà Mario - fondatore nel 1973 del ristorante di via Nicolò Putignani - e i fratelli Massimo, Gianni e Maria Elena, è custode di un luogo simbolo della baresità. «La Puglia è una regione meravigliosa, con una vocazione agricola, che si caratterizza per ingredienti semplici e genuini come cereali, ortaggi, legumi, olio Evo, pesce e carne. Certo, siamo in democrazia e ognuno persegue la strada in cui crede. Mio padre Mario ha creato un format, quello della tradizione pugliese e barese a tavola, che noi figli continuiamo a portare avanti ancora oggi. Se venissi a pranzo ora, sai cosa troveresti sulla tavola del nostro ristorante? Le olive nere dolci fritte, un assaggio della nostra terra per salutare il mese di settembre». Stagionalità, qualità ma soprattutto territorialità, quindi, secondo il componente di una seconda generazione che, passo dopo passo, continua a proporre la cucina tipica portata da papà Mario ne “Ai 2 Ghiottoni” già negli anni Settanta. Le specialità baresi prima di tutto e qualche piatto della tradizione italiana, «per valorizzare i nostri prodotti naturali». «Solo così i pugliesi raccoglieranno i frutti del loro lavoro, diventando sempre più credibili», ha spiegato il ristoratore di Bari. E sulla cucina gourmet che inizia a ispirarsi a quella tradizionale? «O sei pesce o sei carne, non puoi essere entrambe le cose –; ha chiarito De Napoli – chi ha creduto fin dall’inizio nel fine dining deve continuare su questa strada, per una sana competizione che arricchisce la gastronomia pugliese». A chi è abituato ad accogliere nella sua ghiotta casa del cibo i personaggi più disparati, fra politici, attori, musicisti e quant’altro, abbiamo chiesto cosa ha provato a vedere i grandi della Terra del G7 innamorati del caciocavallo impiccato e dei panzerotti: «Per capire il senso della terra e i sapori della nostra tradizione, è bene che ci si sieda a tavola come in famiglia, non certamente nei ristoranti stellati, dove è possibile andare sempre e ovunque. Andare in uno stellato in una regione come la Puglia è riduttivo, poiché bisogna toccare con mano il sapore della campagna e il profumo delle verdure. È la tradizione la vera espressione delle nostre radici, non la cucina gourmet», ha concluso.