Il caffè, a differenza del vino e dell’olio, non si produce in Italia; nonostante questo, parliamo del prodotto più rappresentativo della cultura nazional-popolare. «In Puglia, soprattutto fra le nuove generazioni, c’è una grande voglia di portare novità nel comparto della torrefazione artigianale, seguendo la scia di trend internazionali come Starbucks che ha rivoluzionato il modo di bere il caffè», ha raccontato Davide Roveto.
Sul territorio regionale, infatti, sono diverse le realtà in espansione che, certificate a livello nazionale, hanno fatto del caffè un prodotto da celebrare e raccontare nelle sue peculiarità: «I terroir non sono locali, ma vengono poi lavorati artigianalmente da noi pugliesi che siamo bravi a sviluppare caratteristiche aromatiche importanti. Vi sono tante caffetterie pugliesi che offrono qualità della materia prima al cliente. Noi ci sentiamo un po’ i precursori di questa tendenza, siamo apprezzati nella città di Bari e raccogliamo le gratificazioni che ci arrivano dalle guide e che ci spronano a fare sempre meglio», ha precisato il titolare. L’espresso al bar, simbolo di “italianità”, è rito, momento di irrinunciabile convivialità. «E noi gli abbiamo reso omaggio con una miscela di tre caffè diversi (provenienti da Brasile, Colombia e Congo) che ho realizzato ad hoc, pensando alla mia terra e alle diverse generazioni che l’hanno vissuta: l’Apulia». Qual è il prezzo giusto del caffè? Roveto non ha dubbi: «Quello della qualità; così come accade per altri prodotti, la materia prima e il servizio vanno riconosciuti anche attraverso il prezzo al bancone. C’è un caffè per tutte le tasche, dalla consuetudinaria tazzina da 1 euro a quella che ne può costare dieci volte tanto. L’appassionato ama immergersi nell’esperienza e, dove necessario, investire anche cifre importanti per farlo».
In fondo, la riflessione nasce spontanea: se così già accade per il vino, per l’olio, per il tartufo o per il caviale, perché non dovrebbe con il caffè?