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Acciaierie di Taranto, i sindacati: «Governo e azienda diano risposte»

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Acciaierie di Taranto, i sindacati: «Governo e azienda diano risposte»

Le sigle metalmeccaniche auspicano una convocazione ministeriale per districare la «maglia dell'immobilismo»

Martedì 07 Giugno 2022, 13:21

Sindacati in pressing su governo e azienda: «Basta immobilismo, diano risposte». Ma ancora tutto tace dopo lo slittamento del closing per il passaggio in maggioranza dello Stato in Acciaierie d’Italia e la proroga del contratto di investimento. Le sigle metalmeccaniche auspicano una convocazione al Mise per discutere di un piano industriale che resta ancora un oggetto misterioso. Tra Ilva in as e Acciaierie d’Italia è stato prolungato al 31 maggio 2024 il contratto in essere ed è stata spostata a quella data anche la salita al 60 per cento del capitale di Invitalia (oggi il pubblico è al 38 per cento ma esprime gli stessi diritti di voto del privato). Lo slittamento di 24 mesi ha le sue motivazioni nel fatto che non si sono realizzate quelle condizioni che, indicate nel contratto del 10 dicembre 2020, avrebbero dovuto portare Invitalia al 60 per cento, con l’esborso di altri 680 milioni - dopo averne già versati 400 nella primavera 2021 - e all’acquisto, da Ilva in amministrazione straordinaria, dei rami di azienda Ilva che attualmente sono dati e gestiti in fitto.

Tra queste condizioni, definite sospensive, la principale che non si è verificata è il dissequestro degli impianti dell’area a caldo. Sequestro scattato per gravi reati ambientali, su ordine delll’allora gip Patrizia Todisco, a luglio 2012, e vigente tuttora ma con la facoltà d’uso poiché la legge riconosce a Ilva lo status di impresa strategica nazionale. I legali di Ilva in As avevano chiesto il dissequestro asserendo che dieci anni dopo la situazione dell’ex Ilva è cambiata, che la gestione Riva non c’è più e che le prescrizioni ambientali sono state eseguite al 90 per cento. La Corte ha poi bocciato la richiesta, sostenendo che «attualmente lo stabilimento ancora produce immissioni che mettono in pericolo la salute pubblica, situazione che, è ragionevole presumere, non potrebbe essere evitata». «In particolare - scrive la Corte -, è di tutta evidenza il riscontro nella mancata esecuzione del Piano ambientale non realizzato, il cui termine, per effetto delle plurime proroghe, è stato fissato al 2023, sicché deve dirsi concreto ed attuale il pericolo di ulteriori conseguenze negative in termini di ambiente e salute».
Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti ha detto di credere, «data la congiuntura e la necessità dell’acciaio, che l’ex Ilva debba fare uno sforzo di produzione, tenendo conto dei vincoli ambientali, sia su Taranto che Genova. L’Italia ha bisogno di acciaio».

Fim, Fiom e Uilm hanno convocato per il 15 giugno una riunione a Taranto del coordinamento dei delegati di tutti gli stabilimenti del gruppo, per rilanciare l’iniziativa sindacale e decidere se ricorrere a nuove forme di mobilitazione dopo lo sciopero del 6 maggio scorso che ha registrato un’alta adesione da parte dei lavoratori.

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