L’intesa raggiunta tra ArcelorMittal e il Governo per far tornare lo Stato a produrre acciaio sarà trasformata in contratto vero e proprio la prossima settimana ma nel frattempo fa discutere: per il mancato addio al carbone, per le robuste dosi di ammortizzatori sociali che per cinque lunghi anni accompagneranno i quasi 11mila dipendenti e per il mancato dialogo con la città. Abbiamo rivolto alcune domande a Rocco Palombella, tarantino, segretario nazionale dei metalmeccanici della Uil.
Come giudica l'ipotesi di accordo tra Governo e ArcelorMittal?
Non conosco i dettagli ma si evince un forte condizionamento a favore di ArcelorMittal nella rideterminazione di questo nuovo accordo. Sono noti gli investimenti che il Governo italiano realizzerà per entrare in Ami ma non si sa, invece, che fine abbiano fatto i 4,2 miliardi di investimenti previsti dal contratto del 2018. Non voglio essere eccessivamente pessimista ma durante il primo contratto Arcelor Mittal ha ottenuto una riduzione del personale dell’ex Ilva da 14.300 a 10.700. Oggi senza colpo ferire hanno proposto esuberi congiunturali di 3 mila lavoratori nei prossimi tre anni e hanno cancellato qualsiasi impegno sul personale dell’Ilva AS, passati da 2 mila agli attuali 1.700, che dovevano essere riassorbiti al raggiungimento della produzione di 8 milioni di tonnellate.
Ritiene possibile arrivare nel 2021 ad una produzione di 5,3 milioni di tonnellate di acciaio?
Con gli attuali due altoforni in marcia (1 e 4) la produzione può arrivare al massimo a 4 milioni di tonnellate. Con la rimessa in esercizio dell’Afo 2, fermo da marzo per effettuare dei lavori previsti dalle prescrizioni giudiziarie, si possono raggiungere fino a 6 milioni di tonnellate. Ovviamente bisogna tenere presente l’andamento del mercato dell’acciaio, che nell’ultimo periodo ha mostrato segnali di ripresa. Per queste ragioni Arcelor Mittal sta riavviando l’acciaieria 1 con l’obiettivo di far ripartire l’Afo 2 alla fine di gennaio 2021.
Il mix impiantisco proposto per il futuro - due altiforni tradizionali e un forno elettrico - scontenta quanti confidavano in una decarbonizzazione più spinta.
Purtroppo il processo di transizione, dalla produzione tradizionale a quella con forno elettrico, sconta un grande ritardo. Basti pensare che dal sequestro, avvenuto nel 2012 ad opera della magistratura di Taranto, nulla è stato fatto. Per concretizzare realmente questo obiettivo, senza creare ulteriori danni occupazionali e ambientali, occorre del tempo. Bisognerà vigilare affinché il progetto presentato venga realmente realizzato.
Come sarà possibile tutelare i 1.600 operai in forza a Ilva in amministrazione straordinaria?
Con una specifica clausola di salvaguardia che prevede una graduale ricollocazione di tutti i lavoratori, già prevista nel 2017, legata alla risalita produttiva, mantenendo nel frattempo un’adeguata integrazione alla cigs. Se non ci sarà una tutela dei 1.700 in Ilva As e dei lavoratori dell’appalto vuol dire che, come hanno fatto finora, continueranno a fare a meno dell’accordo sindacale, almeno per quanto riguarda la Uilm.
Cosa si sente di dire ai genitori dell'ennesimo bambino morto di tumore al rione Tamburi? C'è chi accusa la grande fabbrica.
Questa è la domanda più difficile a cui rispondere. Non esistono parole di conforto. Sono un padre di due figli e un nonno di tre nipoti e amo i bambini. Io metterei in conto anche di chiudere l’ex Ilva se fossi certo che questo servirebbe a salvare anche una sola vita umana.