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La scuola al tempo del Covid 19, maturanda di Taranto: «Chissà se potrò mai vivere la mia notte prima degli esami»

 
Graziana Capurso

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Graziana Capurso

La scuola al tempo del Covid 19, maturanda di Taranto: «Chissà se potrò mai vivere la mia notte prima degli esami»

La ragazza scrive un accorato appello: «Non mi sono mai resa conto di quanto studiare ci stesse a cuore, di quanto importanti fossero per noi questi anni»

Giovedì 26 Marzo 2020, 20:29

TARANTO - «Si tornerà a scuola se e quando, sulla base delle indicazioni degli esperti, le condizioni lo consentiranno». Con questa affermazione della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina intervenuta oggi in Senato per un’informativa, per la prima volta da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus traspare la possibilità che l’anno scolastico possa proseguire solo a distanza. L’ipotesi di un rientro a maggio, circolata nei giorni scorsi, potrebbe essere quindi una vana speranza. Ma c’è di più. La ministra ha dato una notizia ai maturandi: «Il mio orientamento è di proporre una commissione formata da soli membri interni, con presidenti esterni. Da un lato, ciò vale a tutelare gli apprendimenti effettivamente acquisiti. Dall’altro, un presidente esterno si fa garante della regolarità dell’intero percorso d’esame». Si tratta di una prima risposta alle richieste di studenti, dirigenti scolastici e insegnanti. Resta invece ancora sul tavolo del ministero la definizione dei contenuti e la modalità di svolgimento: gli interessati, oltre ai commissari interni, hanno chiesto una seconda prova da formulare a livello locale e non standardizzata così come l’ammissione agli esami per tutti. Ma di questo oggi la ministra non ha parlato.

Alla luce di queste notizie una studentessa di 18 anni, Alessia, iscritta ad un liceo di Taranto ha scritto una lettera per spiegare meglio ciò che tutti gli alunni italiani stanno provando in questi giorni di standby dalla normalità, dovuti all'emergenza Covid 19.

«Cara Italia, ho voglia di parlarti. 
La voglia di buttare giù i miei pensieri è arrivata all’improvviso. Anche se so perfettamente cosa mi ha smosso a farlo. Ero sul divano a casa e giusto qualche ora fa aspettavo con ansia di sentire le parole del Ministro dell’Istruzione in tv. Il senato in diretta speciale era decisamente imperdibile per tutti noi studenti. In un misto di preoccupazione e speranza, mi rendevo conto dell’agitazione che l’evento stava creando sul gruppo whatsapp della mia classe. 
 Sono una studentessa di quinta liceo, frequento un liceo linguistico e credo di non aver mai dato così tanta importanza alla scuola e alla mia istruzione come in questo momento - spiega la ragazza - saranno stati, forse, i buoni voti a farmi pensare spesso: “Ma alla fine se ho studiato bene e con costanza per cinque anni, gli esami saranno una passeggiata. Chi studia avrà il voto che tanto sogna, e soprattutto che tanto merita.” Ammetto con sincerità, che la possibilità di prendere il diploma con il famoso “6 politico” non mi allettava particolarmente. Incredibile vedere poi, che la maggior parte degli studenti era d’accordo con me». «
Ed ecco che iniziano a comparire nella mente dei miei compagni di classe le mille possibili opzioni, immaginando ciò che avrebbe detto il Ministro in diretta da lì a qualche minuto. 
Chi propone una commissione interna, chi propone un esame telematico, chi propone di abolire le prove scritte e così via. Ma continuavo a non vedere nessun messaggio tra le notifiche che gioisse per un possibile voto politico. 

Arriva il momento tanto atteso e il Ministro parla. Dopo pochi minuti mi rendo conto che effettivamente nulla di quanto ipotizzato era stato reso concreto. Né a parole, né a gesti», sottolinea la giovane.

«
Polemiche subito dopo il suo discorso e in sintesi, l’Italia e il suo sistema scolastico non sono ancora pronti ad un cambiamento drastico. La didattica a distanza resta per ora un lontanissimo punto di arrivo, un’utopia, e ne siamo tutti pienamente consapevoli. In questo momento, ho voglia di dire qualcosa di diverso da ciò che ho sentito in televisione. Si è parlato di una didattica classista, di un sistema utile solo a discriminare chi non ha le possibilità per seguire adeguatamente le lezioni. 
Io per questa volta, voglio cambiare prospettiva e cercare di far vedere le cose da un altro punto di vista. Il punto di vista di chi materialmente ha tutto, ma ciò che manca lo sente dentro, non lo vive fuori. Nella mia casa nulla è mai mancato, i miei genitori si sono sempre preoccupati affinché ci fosse ogni tipo di comfort. Ho un computer, ho un cellulare, ho una connessione Internet e tanta, tantissima voglia di studiare, imparare e costruire. 
Nella mia classe digitale, tutti i miei compagni si connettono la mattina e seguono le lezioni. Ognuno di noi resta al passo con la nuova didattica, ognuno di noi si sacrifica ore ed ore davanti allo schermo, ognuno di noi vive nella tristezza e nell’angoscia del momento ma non smette di essere ligio al proprio dovere, ognuno di noi si impegna al massimo affinché arrivi un pò di affetto anche ai nostri insegnanti, ognuno di noi sa qual è la cosa giusta da fare ora. La mia classe non è mai stata così compatta in cinque anni. I litigi e le incomprensioni sono stati messi da parte questa volta, in nome di ciò di cui ora abbiamo più bisogno: i sorrisi, il coraggio e la forza che ogni giorno ci diamo, supportando l’altro come non abbiamo mai fatto prima.
Finalmente proprio ora, nonostante ci sia la distanza a dividerci, posso dire di aver trovato nella scuola una seconda casa, una seconda famiglia».

«

Ogni mattina però, l’ansia degli esami aumenta, la tensione, la paura del non sapere - racconta Alessia - ormai sono sensazioni che conosciamo fin troppo bene. 
Lo sconforto nel leggere ogni giorno un numero più grande di contagi. Un infermiere, un dottore, un eroe che perde la vita. Ieri come oggi, oggi come domani. 
Sapere che forse non potrò cantare sulle scale della scuola “Notte prima degli esami” a squarcia gola, abbracciata ai miei compagni di classe, alla mia famiglia. 
Sapere che forse non avremo nulla da raccontare quando un giorno i più piccoli ci chiederanno “E tu come hai copiato alla seconda prova?”. 
Sapere che forse non ci sarà nessun viaggio dopo la maturità, che non ci sarà un bel niente da raccontare. 
Perché è così che adesso ci sembra l’esame di stato, un punto messo nero su nero, dove tutto è confuso, niente contorni, niente colori». 


«Ed ecco la mia generazione travolta da sentimenti neri, opachi e tristi al sol pensiero che neanche domani sapremo come finirà e quando finirà il nostro anno scolastico. Non mi sono mai resa conto di quanto studiare ci stesse a cuore, di quanto importanti fossero per noi questi anni. E se c’è una cosa che adesso desidero più di ogni altra è di avere delle certezze, quelle che potrebbero dare agli studenti un motivo in più per dipingere una giornata nera con altri sette colori diversi. 
Anche se per ora una certezza la ho già - conclude poi -  la mia classe e i miei professori sono il più bell’arcobaleno mai visto prima. 
Cara Italia, andrà tutto bene». 

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