Domenica 12 Ottobre 2025 | 10:47

Se «gli americani so forti» l’acciaio è «un amico di ieri»

 
giuse alemanno

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giuse alemanno

Se «gli americani so forti» l’acciaio è «un amico di ieri»

Sviluppo sostenibile e convenienza discutibile

Domenica 12 Ottobre 2025, 07:48

«Molti si rovinarono, facendo un buon affare» scrisse Benjamin Franklin, di Boston. Franklin è un esempio americano di eclettica genialità, capace di inventare il parafulmine e di contribuire alla ‘Dichiarazione di indipendenza’ degli Stati Uniti (1776). Come se il nostro premio Nobel per la fisica del 1938, Enrico Fermi, avesse collaborato alla stesura della Costituzione Italiana. Ma, come ha insegnato Alberto Sordi, “Gli americani so’ forti” e capaci di proposte straordinarie. Come quella della Bedrock Industries: acquisizione dell’ex Ilva per un euro; produzione di sei milioni di tonnellate di acciaio all’anno mediante la riattivazione degli altiforni (per la prima fase); investimenti tra i quattro e i sei miliardi di euro per la decarbonizzazione e attivazione dei forni elettrici; alimentazione energetica tramite l’utilizzo del gasdotto Tap; tagli al personale estremi, al punto da ridurre la forza lavoro dell’ex Ilva a 2mila unità occupate a Taranto e mille negli altri stabilimenti. Una visione di sviluppo per Taranto di discutibile convenienza. Ma noi italiani non temiamo il confronto, in fondo l’America l’ha scoperta un genovese. Così il ministro Urso, in recentissimo intervento in un question time al Senato, stabilisce - in base a stime certificate - che la gestione ArcelorMittal ha provocato danni all’ex Ilva in amministrazione straordinaria per 4 miliardi di euro. Ma i rappresentanti di ArcelorMittal non ci stanno e, forti delle loro ragioni, reagiscono chiedendo l’intervento di un arbitrato internazionale. Come finirà? Male, diventerà un pasticciaccio finanziario-giudiziario che durerà anni e anni e, quando arriverà a soluzione, avrà perso memoria e senso su chi ha deciso cosa; al punto che condanne, assoluzioni, colpe, meriti, ragioni e torti saranno confusi e annebbiati. Insomma, come cantò Bob Dylan, premio Nobel per la Letteratura del 2016, “La risposta soffia nel vento”. Dylan è di Duluth, nel Minnesota. Pare che l’artista americano abbia scritto ‘Blowing in the wind’ in una giornata assimilabile ai Wind Days di Taranto, quando la polvere dell’ex Ilva posa il suo velo sulla città. La fabbrica è ormai diventata, perla città e i suoi abitanti, un amico di ieri. Ingombrante e di cui è difficile liberarsi. Molto difficile. Lo sanno i suoi operai, meglio di chiunque. Regrediti a ultima clava, cercano di far valere le loro ragioni sacrosante. Ma sembra un contropiede lanciato dopo il triplice fischio: la partita è finita e c’è ancora chi non se ne è accorto. Eppure avvertimenti c’erano stati. Uno quello del prof. Piero Bevilacqua, calabrese di Catanzaro, ordinario di Storia contemporanea all’università ‘La Sapienza’ di Roma. Nel suo ‘Miseria dello sviluppo’ (Laterza, 2008) scrive: «…si è dissolto, almeno in Occidente, il segreto dell’immenso successo che sta alla base dello sviluppo: l’idea che la perenne aspirazione umana a migliorare le propria condizione potesse essere catturata definitivamente nella ricerca senza fine di ricchezza materiale…».

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