Da Cerignola a San Giovanni Rotondo. Maria Pia Bonavita e Marco Cesario. Due storie diverse eppure con un unico comune denominatore. Picchiati nel pieno esercizio delle loro funzioni, da avvocatessa l’una, da dirigente scolastico l’altro. Costretti a ripararsi dalla furia degli insulti – quando si dice che la violenza è mancanza di lessico, di vocabolario – e da percosse che lasciano il segno non solo sul corpo ma anche sulla psiche, perché esperienze traumatizzanti di questo tipo non si chiudono con qualche punto di sutura che, pure, poco non è. Non ci si aspetta di certo di essere presi a botte mentre si svolge quotidianamente il proprio dovere, da legale difensore di un padre piuttosto che nelle vesti del responsabile di un istituto in cui la prima regola è proprio il rispetto. In tribunale come a scuola. E invece capita anche questo: finire in pronto soccorso, vittime di brutalità cieca e per giunta consumata nei luoghi particolarmente deputati al rispetto delle leggi.
La recente condanna delle due donne, madre e figlia, che hanno malmenato l’avvocatessa la dice lunga sulla giustizia e sul corso che fa, così come il trasferimento in altra sede del dirigente scolastico. Ma resta un problema di ordine sociale e, soprattutto, morale. L’aspetto peggiore in questi due casi, infatti, è che non è neanche colpa di adolescenti inquieti o giovani ribelli che si prendono a botte all’uscita da una discoteca o per qualche sguardo di troppo rivolto a una donna. Non è colpa, insomma, di una generazione poco avvezza al dialogo, schiava di sostanze, di social, del virtuale, di una dis(educazione) troppo permissiva e di tutti gli agglomerati che costellano la galassia formato terzo millennio. I responsabili sono persone ben più che adulte: 65 e 45 anni le donne che hanno picchiato l’avvocatessa, il padre di un’alunna nel caso del dirigente scolastico. E non è neanche questione di genere. Uomini e donne. Padri, madri e nonne indistintamente. Ci si chiede quali valori possano inculcare ai loro figli, come e da chi pensavano di proteggerli alzando le mani e usando parole grosse. No, non è neanche il Carnevale con il suo mondo alla rovescia; semmai una cecità diffusa e stupida, da perfetto scenario distopico. Che sia una riflessione per padri e madri pieni di senso che riteniamo essere la maggioranza. Evitiamo l’effetto contagio e a cascata della violenza. Non è certo usandola che si è (pericolosamente) amici dei figli.