L’approssimarsi del periodo natalizio induce chiunque alla fretta. Anche chi, come noi delle terre e delle marine di Taranto, indulge nelle procrastinazioni e nella pigrizia. Tutti siamo improvvisamente investiti da un friccicore sconosciuto, dall’esigenza di far presto che ha poche - quanto nulle - giustificazioni. Sostiene il professor T.H. Eriksen dell’Università di Oslo che ciò dipenda dal fatto che percepiamo una sensazione di disagio sempre più forte, un vago malessere che comunica che sta succedendo qualcosa di terribilmente sbagliato. La crescita formidabile delle varie tecnologie capaci di far risparmiare tempo – pec, e-mail, post di facebook, messaggi tramite WhatsApp, telefonate dai cellulari, ecc. – in realtà ci sottrae spazi di vita, restringendoli. Viviamo, quindi, un grave paradosso: i cambiamenti che dovevano favorire efficienza, creatività e tempo libero producono l’esatto opposto. Nonostante questo cerchiamo la connessione più veloce e più stabile, scendiamo tutti i santi dal calendario se il personal computer va in buffering (quando farotella) e siamo pronti a mettere in dubbio l’onestà della mamma dell’inventore di internet se il pc si blocca proprio mentre stiamo completando l’acquisto dell’indispensabile attrezzo coreano che rende alla moda la sagomatura delle unghie dei piedi. La percezione di tale fenomeno di stress si estremizza nei periodi festivi. Diventa febbrile il va e vieni nelle vie del centro: in via D’Aquino a Taranto, in via Vittorio Emanuele a Martina Franca, in via Roma a Ginosa, sul corso XX Settembre di Manduria e in tutte le strade affollate da attività commerciali delle nostre città, piene di gente a cui è stata sottratta la lentezza. Tutto questo non ci appartiene. Noi siamo flemmatici, indolenti, seppur – quando serve - pronti all’azione.
L’inizio di ‘C’era una volta il West’ di Sergio Leone è indimenticabile: tre uomini attendono, immobili, che arrivi il loro bersaglio. Con loro, una mosca. Tranne una goccia d’acqua che cade dal soffitto, nulla si muove. Tace anche la colonna sonora di Ennio Morricone, sostituita dai suoni del vento e della natura. E dal ronzio della mosca. Ho sempre pensato che Sergio Leone, in quella sequenza, abbia voluto citare Fernando Pessoa che nel ‘Frammento 42’ del suo ‘Libro dell’inquietudine’ scrive: «Sono stato mosca quando mi sono paragonato a una mosca. Mi sono sentito mosca quando ho creduto di sentirlo. E mi sono sentito un’anima di mosca, ho dormito da mosca, mi sono sentito rinchiuso come mosca. E il più grande orrore è che nello stesso tempo mi sono sentito io.»
“C’era una volta il West” è un film (bellissimo) del 1968, quando ancora internet non c’era. Accettate un umile suggerimento: per queste feste di Natale rispettate voi stessi, tutelate le mosche e – soprattutto – andate piano. Tanto poi arriva “Armonica” e si sa come va a finire.
















