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La memoria mai sopita nella mente e nel cuore

 
Rossella Palmieri

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Rossella Palmieri

La memoria mai sopita nella mente e nel cuore

Domenica 30 Ottobre 2022, 13:44

È il punto di congiunzione tra cielo e terra, quella “corrispondenza d’amorosi sensi” che Foscolo ha saputo disegnare con magistrale sintesi nel dire con versi struggenti come la morte possa sconfiggere se stessa riscattandosi nella memoria, perché chi è andato via sta comunque in due luoghi speciali, ovvero il cuore e la mente di chi resta quaggiù. Letum non omnia finit , aveva detto Properzio in un’elegia dedicata a Cinzia, l’amata ora morta; il Lete non travolge via tutto e prova ne è che, dopo avere la defunta rimproverato il poeta di non esserle stato fedele dopo la sua morte, gli ricorda che a breve sarà nuovamente tutto suo (“presto io sola ti terrò”) prima di concludere con la possente immagine delle ossa mescolate, e dunque dei corpi mai più separati.

Basta divagare nelle pagine di letteratura, tra sacro e profano, per vedere quanta potenza abbiano le festività di Ognissanti e dei defunti, questi ultimi non già portatori di amarezza bensì di conforto in un giorno che, secondo la tradizione, scendono in terra per una notte a fare sentire la loro ineffabile presenza. “Non vive forse anche sotterra nella mente dei suoi?” È ancora Foscolo a dirlo nell’evidenziare l’unico riscatto possibile della morte, quella memoria che dà senso al non-senso avvolgendo di eternità le emozioni profonde che il tempo terreno sfuma e sbiadisce, ma che la morte porta riguardo, non potendole scalfire mai. È il ciclo inesauribile della vita, quel tenersi per mano pur nel disfarsi delle cose attraverso gesti e riti chiamati a rendere meno faticoso il cammino quaggiù.

E sui ‘riti di ristoro’, prim’ancora delle zucche intagliate di Halloween per farne lanterne – fu Shakespeare a portarle per la prima volta nella letteratura – l’Italia è piena. Da noi l’usanza è quella di mangiare il grano condito, dal benaugurante melograno alle scaglie di noci e cioccolata innaffiate di vincotto, tutti simboli dell’abbondanza. Per quanto possa sembrare paradossale, infatti, tutto ciò che ha il sapore del limite porta in sé anche un senso di ricchezza e di compimento come molte storie di santità ci insegnano semplicemente ricordandoci il gusto forte della vita. La santità non ha mai nulla a che vedere con la perfezione; semmai con quel limite che porta bellezza nella vita. Lo aveva detto anche Seneca nel ricordare chi non vive, ma si attarda nella vita: “costui non è morto tardi, ma ha impiegato molto tempo per morire”.

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