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Ciao, che piacere (ma chissà chi sei)

 
Gaetano Cappelli

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Gaetano Cappelli

Ciao,  che piacere (ma chissà chi  sei)

Domenica 07 Agosto 2022, 11:25

Eccosì, eccoci alla terza e ultima puntata del piccolo trattato che ho scritto sulle diverse modalità del saluto in via Pretoria – estensibile ovviamente a qualunque corso, di città o paese, su cui si pratichi la nobile arte dello struscio. E questo nella consapevolezza dell’enorme significato simbolico che il saluto – l’essere salutati – ha nelle società umane fin dagli albori della storia. Togliere il saluto coincide infatti al condannarci all’invisibilità, negare in qualche modo il nostro stesso esistere. Ma anche salutare a schiovere, come si dice, può comportare qualche problema. Vediamo subito quali.

Il saluto è lui/lei o non è lui/lei? Vi incrociate. Vi guardate. Anzi di più vi fissate: è lui/lei, o non è lui/lei? – vi chiedete. Appena dopo se non avete salutato: ma certo che era lui/lei. Che figura che ho fatto! E con uno/una così simpatico/a. Quello/quella avrà pensato che me la tiravo. Nel caso invece avete salutato: lo stesso, che figura che ho fatto! Quello/a penserà ma chi è sto paiuordo che mi saluta, ma chi te conosce! Se è una lei, soprattutto dopo il Metoo: non è che questo mi voleva molestare che lo querelo!

In questa stagione poi, è assai facile sperimentare il saluto dell’emigrato nostalgico. «Certo, com’era bella Potenza!» Mah, io me la ricordo sempre così, penso io. «E tutti sti negozi chiusi!» Guarda tesoro che, purtroppo, i negozi sono chiusi dappertutto. Fatti un giro in via dei Due Macelli e vai a vede’, pure lì a Roma, che macello!

C’è quindi poi il saluto dell’emigrato spocchioso. «Ehi, che si dice?» Mah, solita vita. «Certo che noia!» E da te? «Ah lassù… è tutta un’altra cosa! Ma come fai a vivere qua?». Ma come fai tu, dopo trentanni che te ne sei andato, a tornare ogni anno, a dire sempre le stesse cose? Ma perché non te rimani invece lassù, che qui tanto ti rattristi tu e soprattutto ci fai due marroni a noi.

C’è infine il saluto ottimista. È quello del tipo a cui può succedere veramente di tutto senza che rinunci alla pacca sulla spalla, al sorriso incalzante, all’abbraccio ridanciano. Lo hanno licenziato, la moglie se n’è scappata con un piazzista, ha appena subito un dolorosissimo intervento alle emorroidi ma lui è li con il solito radioso sorriso sulle labbra. E il più bel saluto che ho ricevuto in vita mia appartiene proprio a uno dei latori di questi sorrisi. Ero stato lontano da Potenza, causa forza maggiore, per quasi un anno e, dopo quasi un anno, sebbene un po’ sciupatiello, ero di nuovo in via Pretoria ed eccolo il salutatore ottimista che mi vede da lontano e come nulla fosse successo, sorridendomi, mi fa: «Tutt’ a post Gaetà?» Tutt’ a post Giovà!

Sì, tutt’ a post… finché siamo in via Pretoria a salutare ed essere salutati!

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