Il dolore e la speranza ai tempi del Covid. Parafrasando la celebre opera di Gabriel Garcia Màrquez vi raccontiamo due storie parallele in una Basilicata tanto piccola, quanto grande nel produrre personaggi e aneddoti. Grande anche sul fronte anagrafico con il “club dei centenari” tra i più numerosi in rapporto alla popolazione residente. Se c'è davvero un elisir di lunga vita, quello alberga certamente da queste parti, nei piccoli borghi come Picerno (Potenza) che annovera la donna più anziana d'Italia ad essersi vaccinata.
È Natalina Adele Ferraro, 109 primavere, nata il giorno di Natale del 1912. Sette figli, minuta, lucida, con il volto solcato da rughe profonde, ognuna delle quali è la traccia di eventi epocali: ha attraversato due guerre mondiali, la carestia, assistito alla nascita della Repubblica, alla successione di dieci Papi. È sopravvissuta a malanni e insidie come il tifo, la tubercolosi e, soprattutto, l'epidemia della “Spagnola” che tra il 1918 e il 1920, quando Natalina era una bambina, seminò morte e paura.
Il Covid, sussurrano gli storici, può essere considerato una “riedizione” in chiave moderna e globale di quella tragedia. Per Natalina (nonna dell’attrice italo-americana Sofia Milos) è sicuramente una sponda in grado di far riaffiorare i ricordi, flebili, della sua infanzia, quando la mascherina era la toppa di un vestito o l'angolo di un lenzuolo sacrificato. Oggi come allora aggrappata alla vita.
Quando le hanno comunicato che avrebbe dovuto fare il vaccino non ha avuto un minimo di esitazione, ha accolto con il sorriso il medico Antonio Marsico e l'infermiera dell'Azienda sanitaria di Potenza, Giusi Mascolo, salutando l'iniezione con la gioia di chi vuol continuare ad assaporare ogni minuto trascorso con la figlia Egidia e i suoi affetti più cari. Quella che le hanno somministrato sa che prima di essere un farmaco è una dose di amore per sé e per gli altri.
Il tempo, all'età di 109 anni, è il più prezioso degli averi e lei non ha voluto perdere neppure un mezzo giro di lancetta per mostrare il braccio alla siringa.
Avrebbe voluto fare altrettanto Giuseppe Cassano, 54 anni, di Melfi (Potenza), ma quel mezzo di giro di lancetta gli è servito solo per dare l'ultimo saluto agli amici su Facebook. Ricoverato in ospedale, preda del Covid, ha tentato di esorcizzare la paura con un selfie, mostrando tutta la sua fragilità tra mascherina e ossigeno. Occhi stanchi ma sorridenti, in sintonia con il suo approccio alla vita, costellato da un forte impegno nel sociale, Giuseppe ha dedicato gli ultimi istanti della sua esistenza a rassicurare gli amici e a invocare preghiere “profumate”. Ha scelto la piazza virtuale per testimoniare il suo dolore reale, cercando leggerezza nelle note del tormentone sanremese di Coladipesce e Dimartino. La canzone ha fatto da sfondo al suo ultimo messaggio postato su Facebook che ha titolato “A un passo dal cielo”.
Il viso in primo piano con il cellulare del selfie specchiato nella visiera. Come un astronauta in rampa di lancio. Come Major Tom cantato da David Bowie nella sua celeberrima “Space oddity”. Quel passo, alla fine, l'ha compiuto poche ore dopo. Ziggy Stardust lo avrebbe immaginato lassù a guardare il blu del pianeta Terra, senza poter fare più niente, se non l'aver impresso sul web l'istantanea di un momento, spendendo l'ultimo alito di vita per lasciare un segno, il ricordo di un'esistenza caduta sul campo di battaglia contro quel nemico microscopico. Che continua a giocare alla roulette russa.