Una pesante spada di Damocle pende sul capo del Comune di Potenza. Non è chiaro quando cadrà, non è chiaro nemmeno il peso esatto, ma cadrà di certo, e a breve.
Il Commissario che ha gestito la partita straordinaria del dissesto chiuderà a breve i conti. Quando? non si sa esattamente, ma potrebbe essere tra l’estate appena iniziata (da un giorno all’altro) e la fine dell’anno. A quel punto le partite dare-avere ancora non risolte finiranno sul groppone della gestione ordinaria del Comune ritornando a produrre effetti sul bilancio e sui parametri per tenerlo in equilibrio. Col rischio (paradossale al momento, ma non del tutto scongiurato) che la fine del dissesto potrebbe produrre un altro dissesto.
Al dipartimento Bilancio del Municipio, l’assessore Giuseppe Giuzio è al lavoro coi tecnici per mettere a punto un “ombrello” abbastanza resistente per evitare che la caduta di questa spada di Damocle tagli la testa all’amministrazione. Perché, alle notizie che circolano, la chiusura del dissesto avverrebbe con creditori non ancora soddisfatti per qualcosa come 81 milioni di euro. Sia chiaro, non sono solo passività, perché la gestione straordinaria avrebbe anche una partita attiva, stimata in una somma variabile tra i 15 e i 25 milioni, con cui aveva provato a soddisfare quanti più creditori possibile, e anche questa parte attiva tornerebbe nel bilancio comunale, ma a conti fatti ci sarebbe un passivo netto variabile tra i 55 e i 65 milioni di euro da riassorbire su un bilancio che, per quanto virtuoso certo non è ricco.
Infatti, se gli ultimi esercizi si sono sempre chiusi con un attivo di bilancio sia tecnico che sostanziale e quello 2019, il cui bilancio deve essere ancora approvato, l’avanzo tecnico porrebbe essere di circa 14 milioni di euro, in totale annualmente i fondi su cui il Comune può annualmente contare (al netto di versamenti obbligatori, partite di giro e vincoli) sono grosso modo gli stessi della debitoria che la fine della gestione liquidatoria gli passerebbe, ossia qualcosa come 65 milioni di euro.
Va anche detto che le norme prevedono che il disavanzo di fine dissesto vada riassorbito in bilancio in un arco di 3/5 anni, il che significherebbe ridurre le somme disponibili di un 20% l’anno.
E già detta così l’operazione sarebbe ardua (il comune dovrebbe accantonare circa un euro ogni 5 spesi fino ad oggi, e, ad esempio, le strade testimoniano come già la spesa fatta non abbia largheggiato), ma la realtà è ancora peggiore tra somme bloccate e previsione di minori entrate causa Covid.
Dei soldi disponibili del Comune, infatti, quasi il 20% (qualcosa come 12 milioni) sono destinati al rimborso di mutui, debiti e Boc, i buoni ordinari comunali. Un altro circa 30 per cento del bilancio è destinato al pagamento dei dipendenti, e così la somma disponibile è già dimezzata senza contare bollette, manutenzioni ordinarie e altre spese irrinunciabili. Infine, i cali di redditi e relative tassazioni causa Covid lasciano pensare, almeno per la prossima annualità, un calo di entrate proprie comunali di circa 8/10 milioni. Insomma, trovare i soldi per ammortizzare quel nuovo buco non sarebbe umanamente possibile.
È così che al Comune stanno provando a negoziare col Ministero dell’Interno un tempo più lungo. L’obiettivo è spalmare quelle passività nell’arco di 15 anni, magari in misura differenziata e (tacciano i maligni) non per rimandare i problemi a chi verrà: nel 2006, infatti, scadranno i Boc, che assorbono 6 milioni l’anno, e si potrebbe impegnare la somma liberata per saldare il passivo senza tante difficoltà. Ma da Roma l’ok non c’è ancora.
Problemi che, specularmente, riguardano i creditori in attesa ancora di vedere i loro soldi. E, in particolare per i microcreditori (grosso modo fino a 10mila euro) il Comune starebbe pensando di mettere in campo una “transazione flat”: rinuncia al 25% e liquidazione immediata. Ma, ovviamente, sembra una subordinata alla tenuta complessiva del sistema.