In un primo tempo pensò che si trattasse di un marinaio che oscurava l’oblò perché disturbava dal Ponte di Comando la visibilità di prora. Fu un attimo, non ebbe il tempo di riflettere e neanche di spaventarsi, che si vide circondato da cinque malesi armati di machete che lo presero, lo immobilizzarono e chiesero la chiave della cassaforte.
A Jack non rimase che ubbidire, indicò il cassetto, dove si trovava la chiave e mentre un paio di pirati andava ad aprire la cassaforte, gli altri tre lo legarono al letto, tagliarono il filo del telefono e cominciarono a prendere tutto quello che di valore si trovava nell’appartamento. Sparì il prezioso Rolex che da tanti anni teneva al polso, cercarono di sfilargli la fede matrimoniale che aveva al dito, non ci riuscirono, uno di loro pensò che il machete avrebbe risolto il problema, Jack rabbrividì al pensiero dell’amputazione, ma furono richiamati dai compagni che stavano armeggiando attorno alla cassaforte.
Grande fu per loro la delusione: nel trovare solo pochi spiccioli, invece della cassa nave. In silenzio, come erano arrivati, così svanirono nel nulla, non prima di aver minacciato il Capitano a non tentare di slegarsi e dare l’allarme. Nessuno di bordo si accorse dell’invasione. Sopra l’alloggio del Capitano, nel Ponte di Comando, il personale di guardia svolgeva ignaro il suo servizio di guardia con le porte, che comunicavano con l’esterno, ben chiuse per non far scappare l’aria condizionata… Jack riuscì a liberarsi dopo qualche minuto e corse sul Ponte ad avvisare l’equipaggio; dei pirati nessuna traccia, solo un cavo di ormeggio di poppa pendeva fuori bordo, usato per abbandonare la 4 nave.
Come fossero riusciti a salire a bordo, era un mistero che fu svelato in seguito dopo l’arrivo della nave a Singapore. Col passare del tempo lo sbigottimento si era tramutato in rabbia, non tanto per tutti quegli oggetti che aveva acquistato e che aveva avuto in regalo dalle Agenzie come loro ricordo per la fine della carriera, non solo per la perdita del suo Rolex cui era tanto affezionato, ma per il modo in cui era stato preso in giro. Com’erano saliti a bordo a quella velocità? La Polizia di Singapore lo spiegò a Jack: i pirati usavano due imbarcazioni collegati con un lungo cavo - all’avvistamento della nave da assalire si mettevano di prua una a destra e una sinistra, quando la prora della nave passava sotto il cavo, si trascinava dietro le due imbarcazioni che automaticamente finivano a fianco della nave, un paio di rampini collegati ad un cavo servivano ad agganciarsi ai parapetti della nave e quindi salirvi a bordo.
Ci voleva un’abilità non usuale per fare quest’operazione con una nave lanciata a tutta velocità. Jack protestò vivacemente «Perché non avvisate i Comandi delle navi che frequentano queste zone?» Risposero che questa era una nuova tecnica esperimentata recentemente. La loro tattica era di dirigersi direttamente nella cabina del Capitano perché solitamente nella sua cassaforte è contenuta la cassa nave. Qualche collega ci aveva perso anche la vita. Jack si consolò, in fondo lui ci aveva rimesso solo un po’ di valori e preso una grande paura, mentre ai pirati il colpo era andato a vuoto perché, sulle navi dell’armatore della Mediterranea, la cassa nave si trova nella cassaforte del 1°Ufficiale, essendo questo l’ufficiale addetto alla contabilità. Jack non subì nessun trauma, per fortuna.
Ci doveva essere un Santo che l’aveva protetto, come in altri casi di pericolo e si ricordò, con profonda commozione, di sua madre che ogni mercoledì si alzava all’alba e attraversava tutta la città per andare a pregare al Santo dei marinai: San Nicola. E poi, inaspettatamente, aveva avuto un incontro con i pirati della Malesia! A Singapore non ebbe neanche il tempo di scendere a terra, dette addio alla città dal ponte più alto della nave e rimase a guardarla fino a scomparire del tutto e per sempre. La navigazione riprese nella calma equatoriale. Le turbine non facevano vibrare la nave come i motori diesel per cui scivolava nell’acqua silenziosamente.
Si sentiva solo, e a malapena, il clic dell’antenna dell’immenso radar quando passava di prora. I gabbiani riuscivano ad affiancarsi alla nave ma solo per poco e i delfini venivano a giocare sotto la prua e poi si lasciavano sfilare lungo bordo. Così lasciò di poppa l’isola di Sumatra ed entrò nel Golfo del Bengala per dirigersi verso lo Sri Lanka. Sotto le coste della vecchia Ceylon Jack respirò a pieni polmoni l’aria profumata di spezie che proveniva dall’isola, salutò l’Adam’s Peak sentì la presenza di Candy, dove tanti anni fa aveva fatto una gita, lussureggiante e bellissima con i suoi ruscelli di acqua limpida e fresca.
Qui vive la gentile popolazione cingalese. Quante volte aveva visitato questa isola! Anche Ceylon lasciò di poppa, scomparve per ultimo il Picco d’Adamo. Si ritirò, con tanta nostalgia nella sua cabina. Erano passate alcune ore quando il telefono collegato al Ponte di Comando squillò. «Capitano abbiamo avvistato dei naufraghi a un paio di miglia e ad una ventina di gradi a sinistra». Jack salì sul ponte, col binocolo intravide tre o quattro persone che agitavano le braccia su una barca. 5 Erano dei naufraghi? Avevano bisogno di aiuto? La manovra di soccorso avrebbe provocato un ritardo e una deviazione sulla tabella di marcia, ma poteva abbandonare quei poveretti?
Manovrò opportunamente: mise la prora della nave sulla barca, a un centinaio di metri accostò in modo da trovarsela sottovento. Man mano che la distanza diminuiva poteva scorgere i quattro cingalesi che meravigliati che una nave così grande avesse deviato la rotta per soccorrerli, s’inchinavano e con le mani giunte in segno di ringraziamento. Erano dei pescatori di preziose conchiglie, da cinque giorni col motore in avaria, da quattro giorni senza acqua e senza cibo, erano magri e spossati, la corrente li aveva trascinati lontano dalla zona di pesca. Uno di loro, forse il capo, riuscì a salire a bordo chiese se poteva mettersi in contatto con la stazione radio di Colombo per avvertire le Autorità e chiedere l’invio dei soccorsi, il contatto avvenne subito e quelle Autorità assicurarono la pronta assistenza, furono date le coordinate geografiche della posizione.
La barca fu rifornita di acqua, di viveri e generi di conforto e sigarette. I poveri pescatori non sapevano come ringraziare per tutto quello che avevano ricevuto, il marinaio più anziano forse il capo barca tirò fuori da un deposito di prora della barca un involucro, svolse con cura gli stracci che avvolgevano il loro tesoro: una conchiglia bellissima e alquanto rara, frutto della loro pesca che avrebbero dovuto vendere al loro rientro a Colombo, l’offrì a Jack, era tutto quello che avevano, ma Jack commosso rifiutò, sarebbe stato bello possederla, ma era come togliere il pane dalla bocca di quei poveri cristi.
Salutò i naufraghi, essi sciolsero la cima che li teneva attaccati alla nave che riprese il suo cammino verso il ritorno. Jack rivide per l’ultima volta quei visi sereni che con le mani giunte e il caratteristico cenno della testa continuavano a ringraziare, rivide gli uomini, le donne e i ragazzi cingalesi così gentili, buoni e felici, nonostante la povertà imperante e li confrontò con gli abitanti dell’altra parte dell’Asia i malesi, i feroci pirati, ma ebbe pietà anche per loro, in fondo reagivano in maniera diversa di fronte allo stesso problema: la miseria.
Il sole dei tropici allo zenit, accecante e soffocante, non dava tregua. Uno stridio lo distrasse: un immenso gabbiano volò rasente al suo fianco per salutarlo per l’ultima volta, forse era il figlio del figlio del figlio del gabbiano che salutò Jack quando ancora ventenne, passò per la prima volta per questo mare….rimase fermo per qualche minuto, sembrava non volersi distaccare, poi con un battito d’ali virò di bordo. Jack commosso lo salutò con la mano, rientrò nella sua confortevole camera climatizzata, si buttò nel grande letto, si rigirò, si coprì con il lenzuolo per proteggersi dal fresco e si vergognò di tutto quel lusso che lo circondava… si ricoprì con il lenzuolo dell’ipocrisia: Era colpa sua se era nato occidentale?