Tra i programmi televisivi sulla storia amo quelli dedicati all’età contemporanea anche per il fascino narrativo dei documenti filmati d’epoca. Da quel tremolante bianco e nero o dalla indecisa tavolozza dei primi colori del cinema, si protendono verso di noi la testimonianza e la memoria e, spesso più eloquente di un saggio scritto, il racconto si fa emozionante. È la rimembranza che da ricordo spicciolo si distingue per la leopardiana passione del pensiero. La stessa emozione me la forniscono le vecchie immagini, le antiche cartoline, anche riproposte da una raffinatissima tecnologia restauratrice per cui dobbiamo ringraziare la tecnologia che è la stessa che ci fa «ricordare il futuro».
In questi reperti si possono prelevare, curiosando nelle inquadrature e nelle sequenze, nel sonoro brusiante e indagando nelle fotografie, informazioni accessorie e tangenziali al senso del documento o del reportage. Il curioso può imparare guardando «tutto» e oltrepassando l’oggetto d’interesse dell’operatore o del fotografo d’antan. È affascinante scrutare la casualità di panorami naturali, di mari narrati in onde immobilizzate dagli obiettivi, di case, strade, paesaggi animati di passanti, uomini e donne e animali inconsapevoli che quel minuscolo brandello della loro vita sarebbe stato oggetto dell’attenzione di un postero indagatore della storia piccola, ma eloquente di tutti i giorni. Che ne sarà dell’ulivo imbiancato dalla polvere di un crollo, di quei pescatori che guardano un soldato caduto sulla spiaggia, del cane che scodinzola tra i bimbi in fila per la merenda delle suore, di quelle belle figliole che ancheggiano per un corso di paese? Sapevano, le belle, mentre la cinepresa le ritraeva, che si stavano aggiudicando una piccola immortalità archivistica e il loro vestito, i sorrisi, il portamento sarebbero stati materia del racconto della storia maiuscola? Quei bimbi spidocchiati, quei volti di contadini, quei generali in posa raccontano coscienti, ma le comparse della vita, dietro di loro, i generici del caso sono altrettanti utili informatori per lo storico affamato di vero. Ne erano consapevoli mettendosi in posa soldati erranti, improvvisati eroi di epiche sciaguratamente tecnologiche?
Era, quella maniera di fare informazione, il fondamento della ricerca della verità, anche nello spettacolo. E, timidamente azzardo, lo è ancora oggi. Mi capitano sotto gli occhi, ma dovrei dire tra le mani per via del piacere tattile che mi procura accarezzare la ruvida eleganza del cartoncino e la zigrinatura della cornice, delle cartoline illustrate della Puglia di molti anni fa. L’irresistibile esercizio decrittatorio del panorama istiga al piacere di ritrovare e comparare, ma, produce anche la malinconia della constatazione di vuoti, di cancellazioni, di demolizioni spietate e la rassegnazione amara alla scomparsa di opere e cose che la storia ricorderà solo come detrito della memoria. Più aspra la nostalgia per una natura e un ambiente che, pur nella offuscata imprecisione del reperto d’antan non definito di eleganze tecniche e formali e offuscato di invecchiamenti grafici, ricorda città e ville, paesi e panorami più vivibili, meno contaminati e un mondo, insomma, che è stato migliore, più pulito e bello.
Raccogliamo le antiche cartoline illustrate delle Isole Tremiti e offriamole alla riflessione dei contemporanei, dei giovani, degli smemorati. Cerchiamo di ritrovare la Taranto antica, la Murgia, le coste intatte del Gargano e del Salento, la mia mitica Santo Spirito e rivendichiamo, non dico il restauro integrale, impossibile, naturalmente, ma, almeno il diritto di non peggiorare ulteriormente le cose, di aggravarle con dissennatezze, con crimini edilizi, con uno sfruttamento idiota e autolesionistico. I poveri aumentano, è un fatto. La forbice tra i nuovi ricchi sempre più ricchi e sempre più arroccati nei privilegi castali e la massa dei poveri, poveri di tutto, si spalanca sempre di più. Poveri di tutto perché i nuovi poveri che nascono accrescono la schiera dei poveri da sempre di una nuova penuria, una miseria di nuovo tipo: la bellezza dell’ambiente.
I ricchi da sempre sanno dove andare a cercare quella residua e, soprattutto come e per quanto assicurarsela e le loro cartoline illustrate informatiche e spietatamente efficienti saranno sempre uguali. Le nostre, le piccole icone mie e della gente dotata di sensibilità, rischiano di dover cambiare, di ritrarre un rinsecchimento oltraggioso, un imbruttimento blasfemo, mutilazioni di ogni tipo. I ricchi neo industriali tecnologici informatici che vogliono, per esempio, trafficare con spietate e pericolosissime intelligenze artificiali per arricchirsi ulteriormente se ne fregano delle mie cartoline illustrate. Non si accontentano di speculare vergognosamente in combutta con governi spaesati o felloni che su di questo scaricano l’onere di finanziare la cultura, vogliono trovare il loro nuovo petrolio che è l’arroganza dello strapotere della intelligenza artificiale spacciata per qualche ultimo paradiso. A noi, ai nostri figli e nipoti, resteranno le cartoline e, magari ce le regaleranno coi punti della ricarica del telefono cellulare o del computer inviate via «mail» per permetterci di non uscire di casa a vedere il mondo. Quello vero.