«La serata futurista al Piccinni»: cento anni fa nel Teatro comunale della città di Bari si esibiva, tra apprezzamenti e critiche vivaci, Filippo Tommaso Marinetti. Giunto in Puglia insieme al poeta Francesco Cangiullo, alla stazione fu accolto con entusiasmo dai simpatizzanti del Futurismo, il movimento letterario, artistico e politico da lui fondato nel 1909. Ricevuti all’Hotel Cavour, i due artisti hanno fatto tappa al Barion, al Tennis e hanno persino concesso un’anticipazione della loro performance al Teatro Margherita.
Questo il racconto, apparso sul «Corriere delle Puglie» del 27 settembre 1922, della serata futurista: «Ieri sera il Teatro Piccinni era colmo di pubblico, ansioso di sentire la conferenza sul futurismo, e la declamazione dei versi dei poeti Filippo Tommaso Marinetti e Francesco Cangiullo. Un certo nervosismo era nella folla. Si udivano fischi e rumori di diversa natura, che all’alzata del sipario si mutarono in un uragano di applausi e fischi, fra cui presero presto sopravvento gli applausi.
Marinetti attese pazientemente con le braccia conserte che l’uragano passasse e, infatti, dopo che ebbe detto che non era il caso di fischiare prima d’averlo sentito parlare, potè ottenere un po’ di calma e comunicare la sua conferenza. Marinetti, spiegata l’essenza del futurismo, accennò pure alla parte politica di esso. Gli accenni politici furono specialmente applauditissimi. Durante la conferenza una parte non troppo numerosa del pubblico, ha creduto bene di accompagnare le parole dell’oratore con commenti più o meno spiritosi e salaci, con fischi variamente modulati, con altri suoni di natura più volgare dei fischi. Marinetti ha conservato la solita, tradizionale presenza di spirito, rimbeccando le osservazioni che scendevano dal loggione. Quando Marinetti s’è dichiarato filofascista e ha esaltato l’opera e i fini del fascismo, qualcuno ha protestato, osservando che il conferenziere doveva limitarsi a discorrere di arte e non divagare nella politica, ma il pubblico è insorto, improvvisando una dimostrazione patriottica».
Più burrascosa, si legge nella cronaca, è stata la declamazione dei versi, non priva di un «abbondante contorno di ortaggi»: nonostante i «proiettili vegetali», il poeta ha declamato versi celebri come l’“Aurora futurista” e, accompagnato dalla danza di due ballerini e dai tono-rumori, ha infine recitato “Battaglia nella nebbia”. All’uscita dal Teatro, al ristorante Fiorentino ebbe luogo il banchetto offerto dal Comitato universitario: esso, come lo definì Marinetti stesso, fu naturalmente «ultra-futurista»!