Lo scorso 24 maggio, la Commissione di studio presieduta da Giorgio Lattanzi ha presentato una relazione contenente le proposte di riforma al Disegno di legge A.C. 2435 (c.d. riforma Bonafede), in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché di prescrizione del reato.
In via generale, da un'attenta lettura del documento, appare del tutto evidente il tentativo di superare il luogo comune e la cultura del carcere come unica e irrinunciabile risposta al reato, che ha caratterizzato la severità delle politiche criminali populistiche formulate dagli ultimi due Governi giallo-verde e giallo-rosso.
Ebbene, tralasciando le argomentazioni inerenti le modifiche strettamente processuali, il cambio di rotta rispetto al passato viene consacrato attraverso la previsione di interventi di riforma sul sistema sanzionatorio penale, atti a valorizzare il ruolo delle pene alternative rispetto a quelle detentive, nella piena consapevolezza di costituire un nuovo modello di diritto penale non più carcerocentrico.
In quest’ottica, oltre alla valorizzazione della pena pecuniaria, il vero punto di forza concerne l'estensione dell'ambito di applicabilità di alcuni istituti (nella specie la messa alla prova e la particolare tenuità del fatto), i quali consentono la rapida fuoriuscita dal circuito penale, a cui si aggiunge la previsione di programmi di giustizia riparativa, accessibili in ogni stato e grado del procedimento, al fine di affrontare e definire le questioni legate alla riparazione dell'offesa.
Come evidenziato dalla stessa Commissione, trattasi di istituti a valenza strategica, che rappresentano da un lato una valvola deflattiva di primaria importanza in un sistema come il nostro, improntato al principio della obbligatorietà dell'azione penale e, dall'altro, si prestano a valorizzare percorsi di giustizia riparativa tali da consentire una valutazione globale del fatto, correlata anche al superamento del “bisogno di pena” da parte della vittima.
Ad ogni modo, non v’è dubbio che tale tipo di modello, di ispirazione anglosassone, non si presenti come sostitutivo, quanto, piuttosto, alternativo e integrativo a quello tradizionale retributivo, atteso che coinvolge l'autore del reato, la vittima e la comunità, alla ricerca di una soluzione al conflitto sorto a seguito dell'illecito penale, di solito con l'aiuto di uno o più mediatori terzi e imparziali. A tal proposito, giova evidenziare come la giustizia riparativa trovi una definizione vincolante nella Direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, recepita nel nostro ordinamento con il D. lgs. n. 212 del 2015. In questo senso, le proposte della Commissione sono orientate all’attuazione di una disciplina organica della giustizia riparativa quanto a nozione, principali programmi, garanzie, persone legittimate a partecipare, con particolare riferimento alla vittima e all'autore di reato.
Ciò posto, risulta fondamentale pianificare la formazione degli operatori di servizi della giustizia riparativa, tenendo conto della sensibilità e delle esigenze delle vittime di reato; disciplinare l'organizzazione dei centri di giustizia riparativa, affinché forniscano servizi omogenei, atti a garantire percorsi di giustizia riparativa affidabili, qualitativamente elevati e che non inducano vittimizzazione secondaria; prevedere specifiche garanzie per l'attuazione di tali programmi, nonché la possibilità di accesso in ogni stato e grado del procedimento, senza preclusioni in relazione alla gravità dei reati.
Come già auspicato dal Ministro della Giustizia Marta Cartabia, il tempo è ormai maturo per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa, già presenti nell'ordinamento in forma sperimentale e che stanno mostrando esiti fecondi per la capacità di farsi carico delle conseguenze negative prodotte dal fatto di reato, nell'intento di promuovere la rigenerazione dei legami a partire dalle lacerazioni sociali e relazionali che l'illecito ha originato.
Di conseguenza, non ci resta che attendere il testo definitivo della riforma, così come verrà formulato dal guardasigilli; in ogni caso, emerge un estremo bisogno di concedere una chance concreta ad un nuovo tipo di approccio, volto alla riparazione dell'offesa, rispettoso della dignità della vittima e dell'autore del reato, orientato ad un diritto penale più evoluto e al passo con i tempi.