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Dal Sasso: «Basta slogan bisogna ripensare le politiche edilizie»

 
Stefano Dal Sasso

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Stefano Dal Sasso

Dal Sasso: «Basta slogan bisogna ripensare le politiche edilizie»

Domenica 18 Aprile 2021, 14:00

La Rigenerazione Urbana costituisce un sistema per sopperire a quanto i Piani Regolatori Comunali non sono riusciti a prevedere. In realtà le espansioni urbane non coordinate, norme facilitative molto liberali (Accordi di programma, Piano Casa,ecc.) nonché l’abusivismo edilizio, hanno conformato l’ambito urbano in maniera disordinata, senza prevedere le necessarie connessioni tra le varie zone (rioni – quartieri grandi isolati, ecc.) né relazioni tra l’edificato e il territorio circostante (agro forestale). La maggior parte dell’edificato non ha i requisiti di conformità ad un abitare sostenibile.

Tale situazione, aggravata dalla costatazione dell’eccessivo incremento di uso del suolo, ha indotto a promuovere iniziative per affrontare soluzioni interventi (sistemazioni a verde Pubblico, alloggi temporanei, spazi pubblici di rappresentanza e di identità, edilizia di compensazione) in aree critiche ovvero strategiche per l’organizzazione strutturale della città – se possibile – coerentemente con il Piano Urbanistico Comunale Si tratta di una svolta importante nell’assetto del territorio e della Pianificazione urbana che, in maniera molto pragmatica, prendendo atto della «saturazione» degli spazi per lo sviluppo delle città e della dimostrata impossibilità dei Piani Regolatori comunali di controllare in maniera capillare le possibili e rapide evoluzioni delle attività e delle esigenze, formula la proposta di interventi, per il miglioramento dell’abitare e del decoro degli spazi pubblici. Le norme sulla Rigenerazione Urbana prevedono anche l’intervento del capitale privato.

La rigenerazione non può essere uno slogan per obiettivi. È stato spesso frainteso il concetto di rigenerazione in assenza di una legge; l’emergenza Covid condizionerà inevitabilmente l’immediato futuro e, quindi, sta paralizzando l’economia con la conseguenza che occorre un ripensamento dei paradigmi delle politiche urbane ed edilizie. Una prima risposta nella rigenerazione urbana, motore per una ripresa che ha bisogno di interventi anche a piccola scala.
Le città sono chiamate a modificarsi e riorganizzare lo spazio abitato in base a nuovi principi e a nuove logiche di sviluppo. In tal senso i «vuoti urbani» e gli spazi non più utilizzati si offrono come opportunità per ripensare le funzioni del territorio, sviluppando nuove sinergie tra pubblico, privato e sociale.

Vi sono tre cicli di sviluppo di tale intervento sul territorio. Il primo, originario, prevedeva la riqualificazione dei centri storici con architettura, progetti, recupero dell’esistente e dei centri storici che ha avuto inizio durante gli anni ‘70, quando vi è stata una presa di coscienza del valore del tessuto edilizio, Vi è stato poi un secondo periodo di recupero che è partito negli anni ‘80 con la delocalizzazione delle industrie e di molti altri servizi che, sino ad allora, erano in prossimità all’interno di molti centri abitati urbani come mercati ortofrutticoli, macelli, poli ferroviari. Vi è, da ultimo, un terzo ciclo che prevede in linea di massima la riqualificazione dei quartieri residenziali costruiti nella seconda metà del 900, per far diventare i centri urbani come poli di attrazione che possono ripopolare anche le aree dismesse.

In effetti il processo di rigenerazione avviene attraverso interventi di recupero a livello di infrastrutture e di servizi, limitando il consumo del territorio; non ha regole predefinite; si deve adattare al caso concreto; valutando le singole situazioni, in un programma specifico. Tendenza documentata anche dal decreto «Sblocca Cantieri» 2019, per una riduzione del consumo del suolo a favore della rigenerazione del patrimonio, promuovendo riqualificazione di aree urbane, centrali e periferiche, degradate.

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